È noto che i lavoratori possono usufruire dei permessi giornalieri mensili per accudire ai figli, anche adottivi o affidatari, in caso di necessità; infatti, il permesso è riservato alla lavoratrice o, in alternativa, al padre lavoratore che ha diritto al godimento di un permesso mensile di 3 giorni, successivamente al compimento del 3° anno di vita del bambino disabile in situazione di gravità.
È anche opportuno ricordare che questi permessi sono utilizzabili, da parte dei genitori, a condizione che il figlio disabile non sia ricoverato a tempo pieno e che la prestazione non può essere riconosciuta al genitore titolare di un rapporto di lavoro domestico o a domicilio.
I permessi in questione utilizzati a partire dal 28 marzo 2000 sono coperti, a seguito di espressa richiesta da parte degli interessati, da contribuzione figurativa utile a tutti gli effetti ai fini pensionistici.
Recentemente il nostro Istituto previdenziale, l’Inps, ha accettato di frazionare i giorni di permesso giornalieri in permessi orari. In questo caso, la formula di calcolo, da applicare alla generalità dei lavoratori con orario normale di lavoro determinato su base settimanale, ai fini della quantificazione del massimale orario mensile di permessi, è la seguente:
(Orario normale di lavoro settimanale / numero dei giorni lavorativi settimanali) x 3 = ore mensili fruibili
In questo caso, un lavoratore con orario di lavoro settimanale pari a 40 ore, articolato su 5 giorni, potrà utilizzare mensilmente, in luogo dei tre giorni, di 24 ore di permesso.
Ricordiamo che il permesso in questione, ossia articolato in tre giorni su base mensile, è fruibile dal genitore in condizione lavorativa dipendente anche se l’altro è titolare di rapporto di lavoro a domicilio oppure domestico o in condizione non lavorativa. Nel caso di figli minori, non è richiesta la convivenza con il genitore che intende fruire dei permessi retribuiti, né è necessario che l’assistenza al figlio sia prestata in via continuativa ed esclusiva.
I giorni di permesso possono essere utilizzati da un genitore anche quando l’altro fruisce del normale congedo parentale o del congedo per la malattia del figlio.