La Corte di Cassazione si è pronunciata diverse volte sul tema assumendo posizioni che possono divergere tra loro anche se occorre tenere in considerazione la particolarità della prestazione richiesta.
Ricordiamo che per che per tempo tuta si intende il periodo necessario per svolgere le operazioni di vestizione e svestizione di abbigliamenti lavorativi appositamente predisposti e, al fine di conoscere la sua possibile retribuzione, occorre verificare se lo stesso rientri nella definizione di orario di lavoro o se sia, invece, riconducibile agli obblighi di diligenza, così come sono previsti dall’articolo 2104 del nostro codice civile.
In realtà, siccome il nostro Paese è parte dell’Unione Europea occorre anche conoscere la posizione degli organismi comunitari; infatti, il decreto legislativo n. 66/2003 considera che rientra nell’orario di lavoro quando il lavoratore sia sul luogo di lavoro e a disposizione del datore di lavoro nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
Al contrario, quando l’obbligo di indossare la divisa sia imposto dal datore di lavoro che magari la fornisce anche ma senza alcun vincolo sul luogo in cui l’operazione di vestizione debba avvenire né sulla tempistica, allora il dovere è riconducibile all’obbligo di diligenza previsto dall’art. 2104 del codice civile. In questo caso, l’attività di vestizione è da intendersi strumentale e preparatoria alla prestazione lavorativa.
Infatti, per consolidato orientamento giurisprudenziale, occorre distinguere a seconda che il lavoratore abbia o meno la libertà di scegliere luogo e tempo in cui indossare la divisa di lavoro.
In questo contesto, rientra nell’orario di lavoro il tempo necessario per indossare i dispositivi di protezione individuali obbligatori ai fini del rispetto delle norme di sicurezza, forniti dal datore di lavoro.
In materia di tempo tuta, la Corte di Cassazione, sentenza n. 19273 dell’8 settembre 2006, ha anche precisato che la vestizione deve svolgersi nello spogliatoio aziendale e che vi sia interferenza da parte del datore di lavoro che controlli la quantità di tempo effettivamente impiegato. In sostanza, il tempo tuta deve essere retribuito quando sia eterodiretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, ma quando vi sia facoltà del lavoratore circa il tempo e il luogo allora il tempo tuta non rientra tra le attività retribuite.