Il contratto di lavoro intermittente, noto anche come lavoro a chiamata, è un particolare contratto di lavoro che pone il lavoratore a disposizione delle esigenze tecnico organizzative del datore di lavoro che decide liberamente se, e quando, utilizzarlo attraverso una chiamata, nei limiti espressi all’articolo 34 del decreto n. 276/2003.
In sostanza, il lavoratore svolge determinate prestazioni in modo discontinuo e, rispetto ad un contratto di lavoro di tipo subordinato, non esiste la predeterminazione della quantità della prestazione lavorativa.
Il lavoro intermittente (chiamato anche job on call) è disciplinato dagli articoli 33-40 del decreto legislativo 276/03.
Le prestazioni che possono essere svolte dal lavoratore devono essere individuate di solito dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale.
Non solo, la prestazione può anche essere svolte in un determinato periodo dell’anno, del mese o della settimana (ad esempio nei giorni di sabato e domenica) così come prevede l’articolo 37 del decreto n. 276/2003.
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo indeterminato o determinato (articolo 33, decreto n. 276/2003).
Per instaurare un rapporto di lavoro di questo tipo deve essere stipulato, in forma scritta, un contratto di lavoro.
Il contratto deve contenere l’indicazione di una serie di elementi che devono conformarsi a quanto sarà contenuto nei contratti collettivi.
Deve essere indicata la durata e le ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’articolo 34 del decreto n. 276/2003, il luogo e la modalità della eventuale disponibilità garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che non può essere inferiore ad un giorno lavorativo.
Nel contratto deve essere indicato il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e deve essere fissata l’indennità di disponibilità, così come previsto dall’articolo 36. Devono essere indicati i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità, oltre alle misure di sicurezza che occorre tenere presente nell’esecuzione della prestazione di lavoro.
Infine, occorre identificare la modalità di rilevazione della prestazione da parte del datore di lavoro.
La contribuzione, ricordiamo, deve essere calcolata sull’effettivo ammontare dell’indennità di disponibilità, anche se inferiore al minimale contributivo.
Si ricorda che non è possibile ricorrere al lavoro intermittente quando si vuole sostituire lavoratori in sciopero o se si è fatto ricorso, nei sei mesi precedenti, ad una procedura di licenziamento collettivo.
Il prestatore di lavoro intermittente, articolo 39 del decreto n. 276/2003, è computato nell’organico dell’impresa ai fini dell’applicazione delle disposizioni di legge o di contratto in proporzione alla prestazione lavorativa.