La libertà sindacale non è altro che la possibilità di coalizzarsi al fine di intraprendere azioni per difendere interessi collettivi di tipo professionali, ovvero la possibilità di costituirsi in associazione.
In questo senso, la libertà sindacale è, per prima cosa, la possibilità che dispone ciascun lavoratore ad organizzare, aderire e partecipare alle attività di un gruppo o della coalizione. Così, accanto alla possibilità di costituire e partecipare ad un sindacato, libertà positiva, deve esserci anche quella negativa, ovvero la libertà di non partecipare.
Il sistema giuridico italiano non prevede clausole del tipo closed shop che impongono ad un datore di lavoro di assumere solo lavoratori che aderiscono ad un sindacato, così come era previsto in Gran Bretagna nel secolo scorso.
Un sindacato si configura essenzialmente come una libera associazione. Il nostro ordinamento prevede due forme associative: riconosciute e non riconosciute.
Qualsiasi organizzazione sindacale è organizzata come un’associazione non riconoscita.
L’articolo 39 della nostra costituzione è rimasto sostanzialmente inattuato per diversi motivi. In effetti, la norma fondamentale prevede esplicitamente il riconoscimento della personalità giuridica ai sindacati in possesso di registrazione. L’unica condizione che il nostro costituente ha previsto è quello di dover utilizzare una organizzazione interna a base democratica che possa consentire alle organizzazioni sindacali, registrati e con una rappresentanza in proporzione ai rispettivi iscritti, di stipulare contratti collettivi aventi efficacia generale.
Le parti sociali, però, sono state sempre critiche ad una profonda attuazione di queste norme per ragioni storiche e di opportunità politiche.
Le organizzazioni sindacali in Italia trovano il loro fondamento negli articolo 36 e seguenti del codice civile: le associazioni sindacali sono costituite come associazioni non riconosciute e in questo modo possono operare senza nessun limite, salvo alcune questioni non di enorme importanza.
Lo statuto di ciascun sindacato definiscono gli scopi, elementi utili a definire i limiti del mandato conferito da ogni singolo iscritto.
Il contratto stipulato, ovvero l’efficacia del contratto collettivo privatistico, si fonda per l’appunto su tale mandato.
Nel nostro ordinamento non esiste un obbligo di iscrizione e, di conseguenza, il lavoratore non iscritto non ha conferito nessun mandato all’organizzazione sindacale. Questa particolarità non è di poco conto perché l’accordo eventualmente stipulato con la controparte ha una validità diretta solo per gli iscritti ed espone il sindacato, e l’iscritto, alla concorrenza del ribasso e a conflitti sociali non di poco conto.
Questo è un problema è stato risolto introducendo nelle clausole statutarie il principio della tutela per tutti i lavoratori del settore produttivo a prescindere dalla sua affiliazione.