Nel nostro Paese, a parità di ruoli, competenze e caratteristiche, le donne continuano ad essere svantaggiate rispetto agli uomini in termini di paga. Sussiste infatti quello che l’Isfol definisce come il gap retributivo di genere che, in media, vede la donna percepire un salario medio orario inferiore del 7,1% rispetto ai colleghi uomini; ma ci sono anche alcune specifiche categorie dove la donna arriva a prendere, malgrado lo stesso ruolo, il 22,9% in meno rispetto al collega maschio. Per la donna, quindi, in Italia non basta avere la stessa preparazione, e svolgere lo stesso ruolo, per percepire una paga in linea con il proprio “compagno di stanza”. Al riguardo l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (Isfol) ha condotto un’indagine, dal titolo “Rompere il cristallo“, con la quale è stato misurato il gap retributivo di genere che tra l’altro cresce sensibilmente sopra la media tra le donne che lavorano a fronte di un basso livello di scolarizzazione.
E se, come sopra accennato, per le lavoratrici senza titolo di studio il gap retributivo sfiora il 23%, le diplomate riescono a guadagnare “solo” il 10% in meno rispetto ai colleghi uomini. In termini di età, quello che l’Isfol definisce come il “GPG”, Gender Pay Gap, è più elevato quando si mettono a confronto le lavoratrici donne giovani con i colleghi uomini; stessa musica quando la lavoratrice donna è anziana, mentre il Gender Pay Gap tende a restringersi, ma non troppo, quando la donna lavoratrice ha un’età compresa tra i 30 ed i 39 anni.
Il Rapporto dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori, realizzato in base ai dati acquisiti su un campione pari a ben novemila nuclei familiari, rivela inoltre come le maggiori disparità uomo-donna in termini di salario, con uno scarto medio pari a ben il 25,3%, si registrino nel ramo delle professioni scientifiche ed intellettuali, ma con il 21,1% lo scarto di retribuzione è elevato anche tra i posti di lavoro non qualificati in agricoltura.