Altro quesito interessante che l’associazione nazionale comuni d’Italia, ANCI, ha sottoposto alla Direzione Generale per le Attività Ispettive del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Infatti, l’associazione ha chiesto al Ministero di sapere se nel caso di interruzione della procedura adottiva, con conseguente rientro del lavoratore e senza il verificarsi dell’ingresso del minore in Italia, il relativo periodo di assenza fruito dal dipendente per adempimenti correlatiti alla procedura adottiva possa comunque essere considerato come congedo di maternità.
In effetti, ricordiamo che il lavoratore per svolgere all’estero gli adempimenti correlati alle procedure adottive può ricorrere al congedo di maternità e questo è specificatamente prevista dall’articolo 26 del decreto n. 151/2001, modificato dall’articolo 2 della legge 244/2007.
La norma prevede che, in caso di adozione internazionale, il congedo di maternità, per un periodo massimo di cinque mesi, può essere fruito dalla lavoratrice anche durante il periodo di permanenza all’estero necessario per l’incontro con il minore e per gli adempimenti connessi alla procedura di adozione antecedentemente all’ingresso dello stesso in Italia.
La norma prevede che, sempre previsto dall’articolo 26, la durata del periodo di permanenza della lavoratrice all’estero venga certificato dall’ente autorizzato alle gestione della procedura di adozione e questa certificazione, così precisa l’INPS con circolare n. 16/2008, deve essere allegata dalla lavoratrice alla domanda di indennità.
Anche se il disposto legislativo non prevede espressamente l’interruzione della procedura di adozione occorre considerare, però, che l’interesse da tutelare rimane quello del minore.
In effetti, la permanenza all’estero degli aspiranti genitori adottivi serve per instaurare un rapporto relazionale di affettività che deve essere propedeutico all’adozione stessa nell’interesse del bambino e del suo sviluppo psicofisico.
A questo proposito, la Direzione del Ministero del Lavoro rileva che l’eventuale esito negativo degli incontri non sembra condizionare il riconoscimento del periodo trascorso all’estero come periodo di congedo di maternità.
Si ricorda, e si intende ribadire, che la permanenza all’estero costituisce una fase necessaria della procedura di adozione internazionale che, se debitamente certificata, va riconosciuta quale periodo di congedo.
Ogni altra interpretazione non è giustificata dalle disposizioni normative e sarebbe di ostacolo al ricorso alle procedure adottive.