La Corte di Cassazione interviene, con sentenza n. 23932 del 25 novembre del 2010, al fine di chiarire il licenziamento per giusta causa.
La Corte rileva che è necessario stabilire una proporzionalità fra la gravità dei fatti addebitati al lavoratore ed il provvedimento espulsivo adottato.
In effetti, l’articolo 1 della legge 604/66 precisa la nozione di giusta causa del licenziamento e del presupposto del carattere di proporzionalità tra il fatto addebitato e la sanzione inflitta.
Questa nozione rientra nell’ambito delle norme elastiche, cioè delle norme il cui contenuto, appunto, elastico richiede giudizi di valore in sede applicativa, in quanto la gran parte delle espressioni giuridiche contenute in norme di legge sono dotate di una certa genericità la quale necessita, inevitabilmente, di un’opera di specificazione da parte del giudice che è chiamato a darvi applicazione.
La Corte di Cassazione ritiene che, come ha più volte ribadito, per stabilire l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, si deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario.
Per questa ragione è necessario valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione dei prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare; la valutazione della gravità dell’infrazione e della sua idoneità ad integrare giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità , se congruamente motivato.
Si veda a proposito le sentenze della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 9425 del 10 aprile del 2008 e n. 19270 dell’8 settembre del 2006.
Non solo, con riferimento alla circostanza che ai fini della valutazione della gravità dell’addebito, da parte del giudice di merito, debba tenersi conto anche dell’elemento soggettivo, Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 16260 del 19.8.2004 e n. 2999 del 15.5.2004.