La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24343 del 1 dicembre 2010, ha ribadito che, in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’articolo 4, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale che restano sottratti al controllo giurisdizionale.
In questo caso, se il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza, e ciò tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio della scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione.
È opportuno ricordare che la comunicazione prevista dall’articolo 4 della legge 23 luglio 1991 n. 223 deve contenere indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza, dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità.
Non solo, la comunicazione deve anche contenere il numero, la collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente, dei tempi di attuazione del programma di mobilità e delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo.
Alla comunicazione va poi allegata copia della ricevuta del versamento all’Inps, a titolo di anticipazione di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti.
La Corte ritiene quindi giustificabile il ricorso allo strumento del licenziamento collettivo per abbattere il complessivo costo del lavoro attraverso un sistema di scelta concordato con la rappresentanza sindacale e il datore di lavoro.
Il criterio può essere unico o complesso, come ad esempio la vicinanza alla pensione, purché l’intero meccanismo si presti a formare una graduatoria rigida senza che questa possa essere lasciata ad ampi margini di discrezionalità.