L’idea è abbastanza semplice: offrire un sistema incentivi che permette di rispondere alle reali esigenze delle famiglie dei lavoratori allo scopo di conciliare le singole esigenze soddisfacendo l’esigenza del datore di lavoro con le realtà familiari.
In effetti, con i bonus di conciliazione si intende, per così dire, conciliare le responsabilità familiari con quelle professionale attraverso impegni diretti in una migliore organizzazione del lavoro.
Il tema è abbastanza particolare perché, se lo Stato offre un quadro normativo, sono le singole regioni o gli enti locali, magari con l’apporto con le realtà lavorative, che si devono preoccupare di predisporre tutte le misure necessarie; in effetti, con i voucher per servizi di conciliazione, si riesce ad offrire un sostegno economico sulla base della composizione del nucleo familiare e del numero di componenti a carico del lavoratore.
È ogni singola regione, o amministrazione locale, che deve farsi carico ad offrire risposte precise attraverso strumenti opportuni. Ad esempio, rientra in quest’ottica il progetto sperimentale denominato Spazio donne, realizzato dall’Ambito socio-assistenziale dei Comuni del Sanvitese col contributo della regione Veneto, rivolto a donne in difficoltà lavorativa residenti nella zona attraverso la concessione di un bonus di conciliazione per usufruire di servizi a favore di minori, anziani o disabili che vivono nel nucleo familiare.
In sostanza, il bonus di conciliazione è un contributo economico che viene erogato in base a precisi requisiti per sopperire, di solito, ad una assenza di servizi sul territorio, incluso i servizi per la prima infanzia, da 0 a tre anni, forniti da nidi, micronidi, centri per la prima infanzia o nidi famiglia. Non solo, il voucher intende anche coprire i servizi di baby sitting e baby parking o l’accompagnamento dei figli (minori di 14 anni) a scuola, visite mediche, ad attività sportive e di gioco.
Non può nemmeno mancare il supporto in ambito scolastico quali il dopo scuola, il supporto allo studio o l’accesso a centri ricreativi diurni di minori di 14 anni fino a comprendere i vari servizi di assistenza domiciliare, con l’esclusione di attività mediche, per anziani e/o famigliari conviventi non autosufficienti.
La politica, ovvero il Ministero del Lavoro, pur riconoscendo questa particolare forma di compartecipazione alla spesa per servizi rivolti al soddisfacimento di specifiche finalità rispondenti a scelte di tipo programmatiche, chiede precisi interventi locali attraverso anche una ridefinizione degli ammortizzatori sociali in deroga.
Ecco perché diventa necessario, allo scopo di sfruttare questa particolare opportunità, rivolgersi alle proprie strutture locali.