Grazie ad una proposta di legge presentata da Di Centa e Ceccacci Rubino, anche lo sport deve rispettare le pari opportunità con atti e comportamenti opportuni e congrui. In effetti, per via delle disposizioni per il sostegno dello sport femminile e per la tutela della maternità delle atlete che praticano attività sportiva agonistica dilettantistica, il nostro Parlamento ha voluto dare risposte precise anche ad un particolare settore come quello sportivo.
Il nuovo testo unificato delle proposte di legge, la 4019, detta norme in materia di previdenza e di tutela della maternità per gli atleti non professionisti.
Il testo approvato dalla Camera, e trasmetto al Senato per la sua approvazione, consta di tre articoli. All’articoli 1 si prevede che gli atleti e le atlete non professionisti, non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, che abbiano praticato per almeno un anno discipline di interesse nazionale, possono riscattare a fini previdenziali i periodi di svolgimento dell’attività sportiva durante i quali abbiano conseguito esclusivamente redditi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del DPR n. 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), ossia indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spesa, nonché premi e compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
Questi periodi sono riscattabili, in tutto o in parte, fino ad un massimo di cinque anni. Nel caso di esercizio della facoltà di cui al presente comma, la misura del trattamento pensionistico complessivo a carico degli enti previdenziali pubblici è determinata esclusivamente secondo le regole di calcolo del sistema contributivo.
Non solo, la proposta di legge riconosce agli atleti e alle atlete in possesso dei medesimi requisiti stabiliti all’articolo 1, il diritto ad una indennità di maternità, pari all’80 per cento del minimale di reddito degli iscritti alla gestione esercenti attività commerciali, per i periodi di congedo di maternità previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e ad una indennità pari al 30 per cento del minimale di reddito degli iscritti alla gestione esercenti l’attività commerciale, per i successivi sei mesi di astensione facoltativa, da esercitare entro il primo anno di vita del bambino.
Per questa ragione, gli atleti e le atlete sono tenuti a versare INPS, in apposita evidenza contabile separata, per l’intera durata dell’attività praticata, un contributo obbligatorio annuo pari allo 0,46 per cento del minimale di reddito degli iscritti alla gestione esercenti l’attività commerciale.