I contributi per l’innovazione delle imprese ci sono, ma non sempre vengono sfruttati a dovere. È questa, in estrema sintesi, la conclusione cui è giunta l’Aib in un recente convegno dedicato interamente agli strumenti di supporto ai progetti delle imprese. In particolare, ad essere poco (e, spesso, mal) utilizzati sarebbero quelli europei, mentre è discretamente positivo l’approccio con i contributi regionali e nazionali, probabilmente per una migliore informativa in merito.
Ma come mai i contributi europei per l’innovazione non vengono sfruttati a dovere? Secondo quanto affermato da Saverio Gaboardi (consigliere delegato di Aib per la ricerca e per l’innovazione), il procedimento per l’ottenimento dei contributi europei è frequentemente “complesso, con limitate possibilità di successo” e quindi “alla fine l’imprenditore rinuncia. Su questo serve uno sforzo ulteriore, anche come associazione”.
Dall’analisi condotta sui bandi di quest’anno, infatti, emergerebbe una disponibilità di contributi per l’innovazione pari a 118 milioni di euro per soli accordi di programma tra la Regione Lombardia e il Miur, e ben 4,5 miliardi di euro a livello di Unione Europea. In Lombardia occorre poi aggiungere i 24 milioni di euro del bando Ergon, e 484 milioni di euro di credito d’imposta.
Sempre secondo i calcoli più recenti, considerata l’incidenza che il territorio possiede sul prodotto interno lordo nazionale (il 3,5%, mentre è il 12% in ambito regionale), alle aziende della macro zona potrebbero giungere circa 18 milioni di euro da contributi regionali e nazionali, e ben 47,8 milioni di euro dall’Unione Europea. A titolo di credito d’imposta dovrebbero invece giungere quasi 17 milioni di euro.
Tra le imprese più attive sul fronte dell’innovazione, come era lecito attendersi, quelle medio grandi, con fatturati intorno ai 100 – 500 milioni di euro, e con più di 250 addetti, con al loro interno una struttura dedicata alla ricerca.