Dovevano essere all’incirca 300 mila, e così è stato. Mercoledì scorso, 30 settembre 2009, si è infatti è chiusa la campagna di regolarizzazione per colf e badanti; ebbene, in accordo con quanto riporta una nota ufficiale del Ministero dell’Interno, le domande di regolarizzazione pervenute sono state 294.744, di cui 114.336 per la regolarizzazione delle badanti, e 180.408 domande per le colf.
In questo modo, quasi 300 mila lavoratori italiani, comunitari e immigrati irregolari possono ora guardare al futuro con più certezze e più tutele riguardo alle prestazioni svolte; il datore di lavoro, per ogni posizione sanata, ha pagato con il modello F24 un contributo di emersione una tantum pari a 500 euro, potendo tra l’altro avvalersi della possibilità di “chiudere” con il passato visto che con la regolarizzazione a carico del datore di lavoro non scattano provvedimenti e/o sanzioni, anche penali, sulla situazione pregressa.
A fronte delle 294.744 domande presentate, il Ministero dell’Interno ha rilasciato altrettante ricevute, mentre i moduli di regolarizzazione richiesti sono stati ben 351.219. 149.670 domande di regolarizzazione sono state inviate dai privati, 137.160 da Patronati ed Associazioni, 4.673 dai Consulenti del Lavoro ed appena 3.238 dai Comuni italiani.
Su scala provinciale, Milano svetta con una quota di regolarizzazioni, sul totale, pari a 14,72%; seguono a ruota Roma (10,87%), Napoli (8,25%) e poi staccate Brescia (3,81%) e Bergamo (3%). Per quanto riguarda invece la distribuzione delle domande in funzione della nazionalità del lavoratore, il 12,61% delle domande ha riguardato la regolarizzazione di cittadini dell’Ucraina, il 12,25% del Marocco e poi a seguire Moldavia (8,68%), Cina (7,16%) e Bangladesh (6,30%).
Pur tuttavia, se il Ministero si ritiene soddisfatto della campagna di regolarizzazione delle colf e delle badanti, le Acli, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, stimano che ci sia stato un 30-40% di famiglie che, sebbene fossero interessate alla regolarizzazione, hanno poi rinunciato. Secondo le Acli questo è avvenuto sia in virtù dell’elevato costo del lavoro domestico, nell’ambito di un rapporto di lavoro regolare, sia a causa dei limiti di reddito imposti e di quelli previsti sulle ore lavorative che, in sostanza, hanno tagliato fuori colf e badanti con più datori di lavoro.
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