Il problema del precariato non è solo italiano ma è diventata una piaga europea per via dei Paesi coinvolti e dalle cifre in gioco. In effetti, i lavoratori precari, a tempo determinato sono passati da 63 a 124 nell’arco di soli 7 anni, dal 2003 al 2010, cifre sicuramente impressionanti, e non va meglio la disoccupazione che nello stesso periodo è salita a 16,5 milioni di persone.
Gli Uffici europei classificano i lavoratori precari tenendo conto delle tre differenti tipologie, ossia a tempo determinato, part time e lavoro parasubordinato e l’Italia si rispecchia perfettamente nella media europea.La situazione, però, peggiora se aggiungessimo a queste tre forme di precariato anche i co.co.pro e le altre forme di lavoro a tempo determinato, in Italia passeremo dal 12,8 al 17,2% dei lavoratori. Altra questione da tenere presente è il posto fisso, una meta che si raggiunge sempre con maggiore difficoltà e con tempi più lunghi; in effetti, dalle stime si è constatato che, in media, occorrono almeno quattro anni in Italia per ottenere un posto fisso contro i tre della Germania, mentre i fanalini di coda sono i portoghesi e gli spagnoli.
In particolare, la CGIA di Mestre ha posto in evidenza l’incidenza sulle classi di età elaborando dati Istat producendo la seguente tabella dei precari in Italia per fasce d’età:
- 30.3% 25-34 anni – 1.193.721
- 27.2% 35-44 anni – 1.070.33
- 24.9% > 44 anni – 982.964
- 17.6% 15-24 anni – 694.401
Le cifre mettono in evidenza che poco meno della metà dei giovani è un lavoratore precario. Il lavoro è certamente uno dei maggiori problemi che colpiscono i giovani e proprio su questo problema si è svolto un incontro sulla riforma del mercato del lavoro tra sindacati e Confindustria.
L’incontro ha posto in evidenza una sostanziale convergenza tra le diverse visioni del mercato, così come il leader della CISL, Raffaele Bonanni, ha voluto puntualizzare
C’è però l’esigenza, anche da parte di Confindustria, di trovare una soluzione condivisa
mentre sul fronte degli ammortizzatori sociali
bisogna garantire tutele ai lavoratori migliorando il sistema degli ammortizzatori sociali. Ma non siamo assolutamente disposti ad entrare in una logica di avventura e guardare a nuovi sistemi quando non ci sono i soldi