In un normale rapporto di lavoro può capitare che il datore di lavoro, o per via di un suo delegato, promuova un dipendente ad una mansione superiore: in questo caso è necessario che il datore, nell’effettuare una selezione tra i lavoratori ai fini della loro promozione, deve rispettare i criteri previsti per la selezione stessa ed i principi di correttezza e buona fede, motivando adeguatamente la scelta effettuata.
In mancanza di questo criterio i dipendenti hanno diritto al risarcimento del danno per perdita di chance, così come la Corte di Cassazione ha ribadito nella sentenza del 5 marzo 2012 n. 3415.
Rimane a carico del lavoratore l’onere di provare l’esistenza dei relativi obblighi del datore di lavoro, mentre quest’ultimo ha l’onere di provare la conformità dell’operazione di scelta compiuta alle relative prescrizioni, nonché al principio di correttezza e, in tale quadro, anche l’assegnazione di punteggi liberi deve essere sorretta da adeguata motivazione o comunque successivamente adeguatamente spiegata.
Non solo, anche in caso di mancato rispetto dei suoi obblighi da parte del datore di lavoro, il lavoratore che chieda il ristoro dei danni per perdita di chance è gravato dell’onere di provare il nesso causale tra inadempimento ed evento dannoso attraverso l’indicazione di quegli elementi – primo tra tutti il posto occupato in graduatoria – idonei a far ritenere che il regolare svolgimento delle procedure selettive avrebbe comportato una concreta e non meramente ipotetica probabilità di vittoria per il candidato pretermesso.
A questo riguardo, relativamente alla determinazione del danno da perdita di chance subito dal lavoratore in caso di illegittimità di una procedura di selezione per la violazione dei principi in materia di trasparenza e oggettività, per la mancanza di una adeguata motivazione, numerose sentenze di questa Corte fanno riferimento al criterio, intuitivamente coerente con la nozione di perdita di chance, secondo cui il risarcimento deve essere correlato al tasso di probabilità che il lavoratore avrebbe avuto di risultare vincitore, qualora la selezione si fosse svolta in maniera corretta e trasparente (Sentenze Cassazione n. 15810/2001, 22524/2004, 13241/2006, 21297/2006, 14820/2007, 5119/2010).
In alcuni casi si precisa che si tratta di una modalità di applicazione della valutazione equitativa del danno prevista dall’art. 1226 cc. (sentenze cit. n. 15810/2001 e 22524/2004) e che la probabilità di promozione può valutarsi anche sulla base del rapporto tra il numero dei dipendenti promossi e quello dei dipendenti astrattamente idonei a conseguire la promozione (sent. cit. 13241/2006).