Il Ministro Fornero ha recepito alcune indicazioni espresse dalle parti sociali visto che ha deciso di togliere nel testo dell’accordo l’onere della prova a carico dei lavoratori nei licenziamenti di tipo economico per evitare, da parte del datore di lavoro, di camuffare licenziamenti di tipo discriminatori o disciplinari.
È una richiesta che le parti sociali, in primis la CGIL di Susanna Camusso, hanno da diverso tempo richiesto al governo insieme a quella che divide le diverse componenti, ovvero la possibilità di ottenere il reintegro a fronte di un licenziamento di questo tipo.
Infatti, nel testo originale del disegno di legge il reintegro non compariva tanti che il giudice laddove accerti l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo ordina il pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, tra 15 e 27 mensilità di retribuzione e non il reintegro.
Ricordiamo che nel testo messo a punto dal governo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, anche chiamato per motivi economici, secondo la legge 604/1966 è sostenuto da ragioni che attengono all’ attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento oggi è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza alcuna ingerenza da parte del giudice circa la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, in quanto questi sono considerati espressione della libertà di iniziativa economica dell’ imprenditore in base all’articolo 41 della Costituzione. Al giudice, insomma, spetta soltanto il controllo circa l’ effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore sul quale grava l’onere di provare l’inutilità della singola posizione e l’impossibilità di adibire il lavoratore in altra collocazione.
L’articolo 18, come modificato dal governo, esclude il reintegro e offre al lavoratore la sola possibilità dell’indennizzo nel caso in cui venga accertata, davanti al giudice, l’insussistenza del motivo economico addotto dal datore di lavoro. C’è però la possibilità che il lavoratore ricorra al giudice per verificare se il motivo economico nasconda in realtà un motivo discriminatorio o disciplinare.
In realtà, nel testo messo a punto di nuovo dal Ministro del Lavoro, l’onere di provare è ora di nuovo a carico del datore di lavoro.
Secondo Corriere della Sera, la norma ora reciterebbe così
Qualora si accerti che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, il giudice applica la relativa tutela
Nel caso in cui la tesi del lavoratore risulti fondata, si applicherà la tutela prevista per gli altri licenziamenti, cioè il reintegro, nel caso dei discriminatori, e il reintegro o l’indennizzo, nel caso dei disciplinari. Non solo, la conciliazione ora diventa obbligatoria allo scopo di evitare l’instaurazione delle cause giudiziarie e di risolverle con un rito accelerato. La procedura di conciliazione sarà obbligatoria per tutti i licenziamenti di tipo economico, mentre finora, il tentativo di conciliazione è stato facoltativo.