Nelle ultime settimane la disciplina di “presunzione” di rilevazione delle false partite IVA si è arricchita di numerosi particoli che potrebbero essere sfuggiti ai lettori meno attenti. Cerchiamo pertanto di riepilogare, in maniera sintetica, in cosa consiste la “stretta” del governo, finalizzata ad evidenziare le situazioni di sostanziale rapporto di lavoro subordinato, celato da collaborazione autonoma con partita IVA.
Innanzitutto, il governo “presume” che si tratti di co.co.co., quel lavoratore autonomo – pur con partita IVA – che “rispetta” due dei tre seguenti presupposti: collaborazione di durata superiore a 8 mesi in un anno solare; corrispettivi oltre l’80% del fatturato in un anno solare; titolarità di una postazione fissa presso una sede del committente.
Ma cosa accade se ricorrono almeno due de itre presupposti di cui sopra? In presenza di progetto, il co.co.co. diventa co.co.pro. con partita Iva; se manca il progetto, la collaborazione co.co. è considerata rapporto dipendente a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto (indicata quale data di prima fatturazione); al di là della presenza o meno del progetto, se l’attività è svolta con modalità analoghe a quelle dei lavoratori dipendenti, la co.co.co. è da considerarsi rapporto dipendente a tempo indeterminato fin dalla prima fattura.
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Per quanto ovvio, se ne sussistono i requisiti, il committente può proporre opposizione (fornendo prove contrarie) anche in caso di presenza di due dei tre requisiti di cui sopra.
Ricca, ad ogni modo, la gamma delle esclusioni: la presunzione non si applica, infatti, per prestazioni lavorative che sono connotate da competenze teoriche di grado elevato o da capacità tecnico pratiche, né nell’ipotesi in cui sia svolta da soggetto titolare di reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 18.663 euro per il 2012. La presunzione non opera neppure per prestazione lavorativa svolta nell’esercizio di attività professionali con iscrizione a ordini, registri, albi, ruoli, elenchi.