Questa è la vera novità per i lavoratori dipendenti che si vedono ora a rischio. In effetti, il licenziamento economico individuale si differenzia da quello collettivo che presuppone un altro iter procedurale.
Per avviare un licenziamento di questo tipo è necessario sollevare un giustificato motivo di tipo oggettivo, ossia l’esistenza di presupposti di tipo tecnico, organizzativo o produttivo che possano portare alla soppressione di attività lavorative in precedenza vera mission aziendale ma che al momento non ritenute più remunerative per l’azienda o, in modo, generico, da un datore di lavoro.
Rientra in questo contesto anche la decisione di sopprimere uffici o per semplice decisione organizzativa. È bene precisare che, se si vuole considerare il licenziamento come individuale, allora è necessario rimanere nel limite dei quattro lavoratori interessati, pena il cambio della natura da individuale a collettivo.
Il datore di lavoro, però, può essere obbligato a procedere al reintegro su decisione del giudice in caso di verifiche oggettive che dimostrino l’insussistenza manifesta o in caso contrario, solo in presenza dell’inesistenza dei presupposti, comporta il versamento di un’indennità risarcitoria tra 15 e 24 mensilità.
La procedura messa a punto dal Ministero prevede anche una procedura di conciliazione presso le Direzioni del Lavoro. In questo caso, in precedenza era il prestatore che promuoveva, entro il termine dei venti giorni dalla comunicazione scritta del licenziamento, il tentativo di conciliazione.
Con la nuova riforma del lavoro è il datore di lavoro, e prima del licenziamento, che deve promuovere il tentativo richiedendo il tentativo di recesso.
Sarà il datore di lavoro, prima del licenziamento, a dover presentare richiesta di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro competente nella quale dichiara l’intenzione di procedere al recesso.
In caso di ricorso al tribunale il lavoratore dipendente ha diritto a una indennità risarcitoria tra 15 e 24 mensilità. Per commisurare l’indennità è necessario tenere conto delle dimensioni dell’impresa, delle iniziative svolte dal lavoratore per cercare un nuovo posto di lavoro e anche dell’anzianità aziendale.
L’aspetto più importante per il lavoratore danneggiato dalla decisione del datore di lavoro è il ruolo degli ammortizzatori sociali. In questo caso, li licenziato ha diritto all’indennità di mobilità.
A regime, ossia dal 2016, con l’Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego, gli importi saranno di 12 mensilità per i lavoratori fino a 54 anni e di 18 mensilità per gli over 55, anche se è opportuno capire quanto sarà poi una mensilità, non certamente uno stipendio pieno.