Se il fenomeno della disoccupazione italiana ha da tempo assunto contorni preoccupanti, nel Sud è una vera e propria piaga sociale. Stando agli ultimi dati in materia, nel corso degli ultimi tre anni ben 329 mila under34 hanno perso il proprio posto di lavoro, mentre ad oggi oltre il 60 per cento della popolazione femminile sarebbe inattiva. Il tutto, in un contesto in cui il prodotto interno lordo diminuirà del 3,5 per cento, generando un gap temporale per colmare il divario con il Settentrione che lascia ben poco spazio ai commenti: 4 secoli.
Non tutti i dati provenienti dal Sud e dal Centro Sud sono comunque negativi. Si pensi alla piccola ma vitale Basilicata, la regione italiana che in questo clima di crisi riesce a comunque a incrementare l’attività produttiva nei propri settori economici (ad eccezione delle costruzioni), con un incremento del 2,6 per cento nei servizi, contro una media nazionale dello 0,8 per cento.
L’associazione Svimez, che ha curato tali elaborazioni statistiche, afferma altresì che nel Meridione due anni fa la percentuale dei senza impiego era pari al 13,6 per cento contro il 6,3 per cento del Centro Nord. Rispetto al 2011 tuttavia i disoccupati sono cresciuti ancora, con un incremento del 18 per cento in Molise e dell’11,5 per cento in Campania. E proprio la Campania è in testa alle regioni con il maggior tasso di disoccupazione, attualmente pari al 15,5%, seguita dalla Sicilia (14,4%) e dalla Sardegna (13,5%).
Se tuttavia ai dati di cui sopra si aggiunge il flusso del personale rappresentato da coloro che non si sono messi in cerca di opportunità nei sei mesi antecedenti la stesura del dossier, il tasso di disoccupazione reale nelle regioni centrali e settentrionali supererebbe la soglia del 10%, mentre nel Mezzogiorno raddoppierebbe, salendo nel 2011 al 25,6%. Tra le città che nel primo decennio del nuovo secolo hanno registrato le perdite più forti, Napoli, Palermo e Catania occupano i gradini del poco invidiabile podio.