Gli orientamenti dell’Inps, e in precedenza anche quelli dell’Inpdap, sono stati modificati per consentire anche l’estensione al padre lavoratore i permessi per l’allattamento anche quando la madre non ne ha diritto in quanto non svolga una normale attività retribuita perché, magari, svolga l’attività di casalinga.
Ricordiamo che con il Testo Unico sulla maternità, ossia il decreto legislativo 151/2001, ha introdotto per la lavoratrice madre la possibilità di usufruire dei permessi per l’allattamento, o anche meglio conosciuti come riposi giornalieri.
In effetti, l’obiettivo delle novità introdotte nel Testo Unico era quello di offrire una nuova opportunità per le lavoratrici madri prevedendo la possibilità di prestare le necessarie cure al neonato nei primi mesi di vita facendo ricadere il tutto nel quadro dei permessi per l’allattamento.
In questa ipotesi, il datore di lavoro ha l’obbligo di riconoscere alla madre lavoratrice, nel corso del primo anno di vita del bambino, alcune tipologie di permessi giornalieri. Infatti, la madre lavoratrice ha il diritto di usufruire questi permessi come due ore giornaliere quando il suo orario di lavoro risulti pari o superiore a sei ore, o in alternativa, in un’ora solo quando l’orario di lavoro è inferiore alle sei ore.
Occorre precisare che le ore possono essere ridotte alla metà quando la stessa lavoratrice usufruisca di una struttura messa a disposizione dal datore di lavoro, come ad esempio un asilo nido.
Non solo, in caso di parto gemellare, le ore di permesso devono essere raddoppiate.
In base ai diversi orientamenti della giurisprudenza amministrativa, alla madre che risulti essere casalinga devono essere corrisposte le stesse provvidenze della lavoratrice madre: in questo contesto, il nostro istituto previdenziale, l’Inps, riconosce al padre lavoratore il diritto di usufruire dei riposi giornalieri anche quando la madre svolge una attività non retribuita.
La nostra legislazione sociale offre delle opportunità che fino a ieri non erano nemmeno pensabili.