Dall’inizio del 2011 in Italia i lavoratori, a causa della cassa integrazione, che interessa stabilmente all’incirca 500 mila occupati, hanno perso ben 4.600 euro a testa in busta paga; trattasi di una cifra considerevole, che corrisponde complessivamente a ben 2,2 miliardi di euro di salari tagliati in accordo con il Rapporto di luglio della Cgil sulla cassa integrazione prendendo a riferimento gli ultimi dati forniti dall’Inps, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale. Nel complesso il più grande sindacato italiano ha rilevato per la cassa integrazione un andamento altalenante, mentre preoccupa l’aumento delle imprese che ricorrono alla CIGS, ovverosia alla cassa integrazione guadagni straordinaria.
Non a caso, sottolinea la Cgil, da gennaio a luglio del 2011 i decreti di CIGS, a quota 4.363, hanno fatto registrare un balzo del 6,21% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche per questo il Sindacato parla di un consolidamento strutturale di quello che è per il nostro sistema industriale uno stato di crisi. E purtroppo, visti i contenuti dell’ultima manovra finanziaria del Governo, che secondo la Cgil genererà effetti depressivi, la situazione e la condizione dei lavoratori rischia di peggiorare.
A livello regionale, dall’inizio dell’anno il Nord Italia si conferma l’area dove si registra il maggior ricorso alla cassa integrazione, partendo dalla Lombardia, e passando per il Piemonte ed il Veneto. Nel Centro Italia prima è la Regione Lazio con oltre 40 milioni di ore di cassa integrazione ed oltre 33 mila lavoratori coinvolti. Al Sud svetta la Campania con poco più di trentamila lavoratori in cassa per un totale di 36 milioni di ore circa di CIG.
Il settore economico più tartassato dalla cassa integrazione rimane quello della meccanica, sia per la cassa ordinaria, sia per quella straordinaria ed in deroga; in base ai dati forniti dalla Cgil, infatti, nei primi sette mesi di quest’anno i lavoratori coinvolti sono stati complessivamente oltre 180 mila per un totale di ore di CIG pari ad oltre 217 milioni. A seguire, a livello settoriale, molto staccati, ci sono il commercio e l’edilizia.