La Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale sulle modalità della fruizione dei periodi di cassa integrazione e dei suoi criteri di scelta dei lavoratori da parte del datore di lavoro; in effetti, la Suprema corte, sentenza n. 4053 del 18 febbraio del 2011, ha stabilito che esiste sempre l’obbligo a carico del datore di lavoro di ottemperare alle disposizioni contenute nella legge n. 164/75 e n. 223/91.
Secondo le disposizioni, nei casi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano non differibile la contrazione o la sospensione dell’attività produttiva, il datore di lavoro è tenuto sempre a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali o, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, la durata prevedibile della contrazione o sospensione e il numero dei lavoratori interessati.
I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto previsti dall’attuale normativa.
Se l’impresa ritiene, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare meccanismi di rotazione tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata dalle sospensioni, allora hanno l’obbligo di indicarne i motivi.
Qualora il Cipi abbia approvato il programma ma ritenga non giustificati i motivi addotti dall’azienda per la mancata adozione della rotazione, il Ministro del lavoro promuove l’accordo fra le parti sulla materia e, qualora tale accordo non sia stato raggiunto entro tre mesi dalla data del decreto di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, stabilisce con proprio decreto l’adozione di meccanismi di rotazione, sulla base delle specifiche proposte formulate dalle parti. L’azienda, ove non ottemperi a quanto previsto in tale decreto, è tenuta, per ogni lavoratore sospeso, a corrispondere con effetto immediato, nella misura doppia, il contributo addizionale.
Per la Suprema corte a nulla vale porre in evidenza le disposizioni contenute in un disposto successivo, ovvero il DPR n. 218 del 2000 relativo alla semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria, perché il DPR si pone l’obiettivo di semplificare il procedimento amministrativo che consente l’autorizzazione della CIGS e non di alterare il complesso di garanzie assicurato dalla legge n. 223/1991 a tutela dei singoli lavoratori e delle organizzazioni sindacali.
Per questa ragione, come tra l’altro ha già ribadito la giurisprudenza, esiste sempre l’obbligo di comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali i criteri di individuazione dei lavoratori e le modalità della rotazione: non esiste una sovrapposizione dei contenuti tanto da ritenere che il disposto successivo, DPR 218 del 2000, di fatto possa eliminare quello precedente, legge 223 del 1991, ma è possibile, semmai, ritenere l’assenza di un coordinamento.