Riforma pensioni, i lavoratori penalizzati dal nuovo sistema pensionistico

 Le novità del nuovo sistema pensionistico penalizzano alcuni lavoratori che non possono usufruire di esoneri, deroghe o altri benefici, ché anzi ne traggono un danno non lieve. A cominciare dal prolungamento degli anni di lavoro con conseguente ritardo nell’accesso alla pensione.

Cerchiamo di capire, in dettaglio, quali sono i lavoratori penalizzati dal nuovo sistema pensionistico, iniziando dai lavoratori che avrebbero raggiunto la quota nel 2013 e dai lavoratori prossimi alla pensione, ovvero che maturano i vecchi requisiti nel 2012 e nel 2013 o nei prossimi anni. Sono certamente penalizzati tutti i lavoratori che avrebbero raggiunto la pensione di anzianità nel 2013 con il sistema delle quote, esattamente quota 97 con 61 anni di età e 35 anni di contributi.

I casi vari delle norme pensionistiche, fra esoneri e deroghe

 Precisiamo che ci sono delle categorie di lavoratori che non rientrano nelle nuove norme del sistema pensionistico a partire dal 2012 e quindi ne sono esonerate, e altre per le quali invece sono previste delle deroghe alle nuove norme pensionistiche rapportate ovviamente alle categorie cui appartengono.

Fra coloro che possono beneficiare della deroga al nuovo sistema pensionistico rientrano i lavoratori uomini dipendenti del settore privato, titolari di un contratto di lavoro come dipendenti del settore privato. Questi lavoratori possono beneficiare della deroga alle nuove norme pensionistiche se maturano il requisito della pensione di anzianità previsto nel 2012, cioè la quota 96 (ovvero 60 anni + 36 anni = quota 96), confermata anche nel 2012.

Si può andare in pensione anche con minimo 60 anni di attività lavorativa e 35 anni di contributi se si hanno i requisiti del 2011, cioè se un lavoratore uomo del settore privato raggiunge quota 96 ed un minimo di 60 anni di età e 35 di contributi entro il 31 dicembre 2012. Quindi, per avere la deroga, il lavoratore deve aver compiuto nel 2012 almeno 60 anni di età e 36 anni di contributi, oppure almeno 61 anni di età e con 35 anni di contributi.

La certificazione del diritto alla pensione

 La riforma Monti ha modificato il sistema pensionistico e prevede, per chi ha maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2011, il diritto a chiedere al proprio ente previdenziale – Inps, Inpdap e altri – la certificazione del diritto alla pensione.

Va chiarito, comunque, che la certificazione non è obbligatoria per dimostrare il diritto alla pensione, che comunque è garantito a chi ne ha i requisiti. Tuttavia, secondo quanto previsto dall’art. 24 comma 3 del Decreto Legge n. 201, il lavoratore ha il diritto di richiedere ed ottenere la certificazione del diritto alla prestazione pensionistica.

Questa certificazione, in base al decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, dà la certezza di aver raggiunto i requisiti per la pensione con il sistema in vigore fino al 2011 e soprattutto ai lavoratori dà una maggiore tranquillità. Quindi si dà un consiglio ai lavoratori prossimi alla pensione o che hanno diritto alla pensione sulla base degli anni di contributi versati o dell’età anagrafica raggiunta o delle quote raggiunte: richiedere la certificazione del diritto alla pensione .

Riforma delle pensioni, chi potrà andare in pensione nel 2012

 Con il Decreto Legge n. 201 del 2011, la cosiddetta Manovra Monti, è venuto a crearsi in Italia un nuovo sistema pensionistico.

Varie le novità delle riforma delle pensioni di cui man mano vi parleremo….se vorrete seguirci in questo percorso tra le nuove norme sulle pensioni. Tra le novità che riguardano il 2012, parliamo innanzitutto di quelle che riguardano il 2013 in materia di adeguamento delle pensioni alla nuova dimensione della vita e l’aumento dei requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva per poter accedere alla pensione.

Chi potrà andare in pensione nel 2012
Chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011, in quanto rientra tra coloro ai quali si applica il sistema pensioni fino al 2011. Poiché la riforma delle pensioni viene applicata a partire dal 1° gennaio 2012, chi ha maturato i requisiti di accesso alla pensione secondo la pensione di vecchiaia vigente fino al 31 dicembre 2011 oppure secondo la pensione di anzianità con il sistema delle quote, avrà diritto ad andare in pensione ed a percepire l’assegno di pensione alla fine dell’attesa per la finestra mobile.

Indennità una tantum, lavoratori esclusi

 Il diritto all’indennità una tantum per perdita di lavoro e disoccupazione è riservato solo ai collaboratori a progetto.

Sono esclusi dal diritto all’indennità una tantum a sostegno del reddito i lavoratori a progetto delle Pubbliche Amministrazioni, tutti coloro che abbiano stipulato rapporti di lavoro diversi dal contratto di collaborazione a progetto: ad esempio, gli assegnisti di ricerca, i partecipanti a dottorati di ricerca con borsa di studio, i soggetti che svolgano una specie di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, redolato dall’articolo 61, comma 2, del D.Lgs. n.276/2003 e non del comma 1.

La norma limita l’erogazione dell’indennità una tantum, corrisposta in una unica soluzione, solo ai collaboratori a progetto che hanno perduto il lavoro per fine contratto, per fine realizzazione del progetto e che abbiano operato in regime di committenza, cioè con un solo committente o anche per diversi committenti, ma non in periodi che si sovrappongono, come abbiamo specificato in precedenza.

La norma è mirata a tutelare i lavoratori iscritti alla Gestione separata, in quanto questi soggetti, pur essendo parasubordinati, hanno un’occupazione più o meno per due anni e per fine lavoro perdono la loro qualifica di lavoratori a progetto. Pertanto, come i lavoratori subordinati che perdono il posto di lavoro, hanno diritto anch’essi diritto all’indennità una tantum di disoccupazione.

I requisiti di accredito contributivo per indennità una tantum

 Il lavoratore con contratto a progetto deve essere in possesso dei requisiti di accredito contributi rilevabili nel proprio estratto conto previdenziale.

Due precisamente i requisiti di accredito contributivo: un mese di contributi accreditato nell’anno di riferimento e tre mesi di contributi accreditati nell’anno precedente. Tuttavia bisogna chiarire quale dei due è l’anno di riferimento ai fini dell’accredito contributivo, dopo aver verificato l’anno di riferimento relativo al reddito.

Per quanto riguarda il controllo del requisito contributivo per il diritto all’indennità una tantum per la cessazione dei contratti a progetto, L’Inps ha così chiarito: “l’anno di riferimento va inteso quale “anno solare” durante il quale è cessato il rapporto di lavoro, senza considerare i 12 mesi precedenti alla data della cessazione del rapporto”.

Gestione separata Inps, requisiti di reddito per indennità una tantum

 Il lavoratore a progetto ha diritto all’indennità una tantum per disoccupazione se è in possesso di un reddito percepito nell’anno precedente l’anno di riferimento, ovvero l’anno in cui è finito il rapporto di lavoro. Il reddito deve essere compreso tra i 5.000 e i 20.000 euro.

Il lavoratore a progetto deve essere in possesso anche di un accredito contributivo di almeno una mensilità nell’anno di riferimento e di almeno tre mensilità nell’anno precedente. L’accredito contributivo si può desumere dal proprio estratto conto previdenziale dell’Inps.

Si precisa che il requisito di reddito è valido per gli anni 2010, 2011 e 2012, per quanto riguarda il reddito lordo dell’anno precedente non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 20.000 euro, mentre per l’anno 2009 il reddito massimo non dovrà superare il minimale previsto annualmente per l’accredito contributivo.

L’Inps, con la circolare n. 6762 del 2012, ha precisato che il requisito di reddito richiesto dalla legge si accerta con riferimento ai redditi percepiti nell’anno precedente all’anno di riferimento, cioè all’anno in cui è cessato il rapporto di lavoro.

La monocommittenza, requisito indispensabile per indennità una tantum

 Intanto ricordiamo che ”monocommittenza” sta a definire il lavoro svolto per un unico datore di lavoro o per una sola azienda committente con contratto a progetto.

Il periodo di monocommittenza si riferisce, naturalmente, al periodo di tempo relativo all’ultimo rapporto di lavoro con contratto a progetto, al termine del quale si è verificata la “fine del lavoro” in quanto è stata portata a termine la realizzazione del progetto per il quale il lavoratore è stato assunto, appunto con contratto a progetto.

Naturalmente viene fatto un controllo per verificare se nel periodo di riferimento il richiedente abbia di fatto fornito contemporaneamente la sua collaborazione ad un solo committente e non a diversi committenti, poiché in tale caso è esclusa la monocommittenza e, di conseguenza, la prestazione assistenziale a sostegno del reddito. Si tratterebbe di dolo…

Lavoratori a progetto, indennità una tantum per perdita lavoro e disoccupazione

 Anche nel 2012, i collaboratori a progetto possono ricevere dall’Inps un’indennità una tantum co.co.pro. se perdono il lavoro e, quindi, per disoccupazione, nella misura di 4.000 euro.

Per percepire l’indennità una tantum, il lavoratore deve presentare ua domanda dopo due mesi dalla data di fine lavoro o progetto. Requisiti indispensabili: la monocommittenza, l’iscrizione esclusiva alla Gestione separata, reddito e contributi accreditati. Vediamo in dettaglio…

I lavoratori a progetto iscritti alla Gestione separata dell’Inps possono accedere ad una prestazione previdenziale se perdono il lavoro e restano, di conseguenza, in stato di disoccupazione. Per essere più precisi, nel caso in cui il rapporto di lavoro con il committente cessi in quanto è stato realizzato il progetto per il quale erano stati assunti e quindi il lavoro è stato portato a termine.

Decadenza diritto indennità una tantum per perdita lavoro e disoccupazione

 I collaboratori a progetto hanno diritto all’indennità una tantum solo se confermano la loro immediata disponibilità al lavoro o ad un percorso di riqualificazione professionale.

Devono tuttavia dichiarare e sottoscrivere la loro disponibilità nella domanda. In caso di rifiuto di un percorso di riqualificazione professionale o di un lavoro adeguato, il diritto all’indennità una tantum decade.

La domanda dev’essere presentata entro 30 giorni dalla data in cui è stata presentata e sottoscritta la suddetta dichiarazione. Per la domanda è utilizzabile, anche per il 2012, il modello già utilizzato per gli anni precedenti e reperibile sul sito dell’Inps (COD.SR92).

I permessi giornalieri per allattamento in caso di parto gemellare o plurimo

 In caso di parto gemellare o plurimo la madre ha diritto al raddoppio dei permessi giornalieri per allattamento.

Quindi, se nascono due gemelli, la madre lavoratrice, durante il primo anno di vita dei bambini, ha diritto al doppio dei permessi giornalieri per allattamento. Tuttavia precisiamo che ha diritto a 4 ore o a 2 ore di permessi al giorno, a seconda che l’orario quotidiano di lavoro da lei svolto sia pari ad almeno 6 ore o inferiore alle 6 ore. E precisiamo ancora che nel caso nascessero tre gemelli, le ore non si triplicano ma si raddoppiano soltanto anche nel caso di parto plurimo.

Non solo la madre lavoratrice dipendente, anche il padre lavoratore dipendente ha diritto ai permessi giornalieri per allattamento. In questa misura: la madre per tutte le ore che le spettano; il padre, invece, per la parte che eccede la misura ordinaria, quando la madre vi rinuncia. Comunque, si precisa che la madre può fruire dei permessi giornalieri per allattamento in misura rapportata alla sua qualifica di lavoratrice dipendente.

Copertura con contributi figurativi dei permessi giornalieri per allattamento

 Per i permessi giornalieri per allattamento la legge prevede la copertura con contribuzione figurativa ridotta, qualunque sia l’arco temporale stabilito ovvero sia per i permessi di due ore sia per quelli di un’ora al giorno. Tuttavia questa norma vale solo per i periodi successivi al 28 marzo 2000, cioè dopo l’entrata in vigore della legge n. 53 che ha integrato la normativa già in vigore.

La disposizione sulla percezione dell’indennità e sull’accredito dei contributi figurativi a favore della madre si applica a tutte le lavoratrici dipendenti, anche alle apprendiste e alle lavoratrici agricole. Inoltre i permessi giornalieri per allattamento e l’accredito dei contributi figurativi vengono riconosciuti anche alle lavoratrici impegnate in lavori socialmente utili (L.S.U.) e i lavori di pubblica utilità (L.P.U.). Sono escluse dall’indennità erogata dall’Inps le lavoratrici a domicilio, le addette ai servizi domestici e familiari e, soprattutto, le lavoratrici autonome.

Nuovo contratto di apprendistato

 I cambiamenti per lavoratori e imprenditori italiani con il nuovo contratto di apprendistato. Dal Centro Studi Inaz la notizia che regolamenti e CCNL si vanno adeguando al nuovo Testo Unico in vigore dal 26 aprile, contenuto nel decreto legislativo 167/2011.

Viene, così, ridefinita la disciplina precedente e semplificata la materia, valida su tutto il territorio nazionale. Ora, infatti, l’apprendistato viene definito come “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani”, con l’obiettivo, quindi, puntato essenzialmente sull’occupazione dei giovani.

Con il nuovo apprendistato il datore di lavoro non solo deve corrispondere un’adeguata retribuzione, ma deve anche assicurare all’apprendista l’acquisizione di una qualifica professionale attraverso un insegnamento mirato. Con questa nuova interpretazione dell’apprendistato, alla fine del percorso di apprendimento i giovani potranno essere inseriti nel mondo del lavoro con una qualifica specifica. Il contratto di apprendistato sarà regolato in rapporto alle particolarità di ogni settore produttivo.