Nuovo regime agevolato per lavoratori ex occasionali e precari

 Con la circolare n. 17/E del 30 maggio l’Agenzia delle Entrate chiarisce la nuova disciplina di vantaggio mirata a incentivare i giovani e chi non ha più lavoro a mettersi gioco in iniziative imprenditoriali consone alle loro capacità.

Può accedere al regime agevolato introdotto dal Dl 98/2011 anche chi ha svolto nell’anno precedente prestazioni saltuarie che si configurano come redditi diversi. Vediamo di seguito chi può entrare tra inuovi contribuenti minimi e per quanto tempo.

Dal 1° gennaio 2012, possono usufruire del nuovo regime agevolato i contribuenti che avviano una nuova attività imprenditoriale oppure l’esercizio di un’arte o di una nuova professione o anche chi ha iniziato un’attività dopo il 31 dicembre 2007. Da precisare che l’inizio di una nuova attività va considerato proprio da quando ne inizia l’esercizio effettivo, non da quando si apre la partita Iva, più precisamente da quando si può dimostrare l’acquisto di beni strumentali per la rivendita o l’utilizzo per svolgere il proprio lavoro oppure per la prestazione effettiva di servizi. In sintesi per iniziare il lavoro vero e proprio.

Modalità di accesso al regime agevolato per lavoratori ex occasionali e precari

 I contribuenti che hanno i requisiti necessari per accedere al nuovo regime agevolato e che hanno iniziato un’attività dal 1° gennaio 2012 devono darne comunicazione barrando l’apposita casella del modello AA9/11 di dichiarazione di inizio attività.

È in regola chi ha barrato la casella relativa ai “vecchi minimi” nella presentazione della dichiarazione prima che fosse approvato il modello con la casella ad hoc per i “nuovi minimi”. Chi, invece, ha aperto la partita Iva senza fare nessuna comunicazione, può presentare la dichiarazione della variazione dei dati entro 60 giorni dalla comunicazione della circolare dell’Agenzia delle Entrate.

Chi ha iniziato l’attività dopo il 31 dicembre 2007 e dal 1° gennaio 2012 vuole passare al nuovo regime fiscale agevolato, non deve fare nessuna comunicazione, se ha applicato il regime dei minimi fino al 31 dicembre 2011. Chi, invece, applicava il regime ordinario e sono trascorsi i tre anni di permanenza obbligatoria, dovrà comunicare l’opzione per il regime dei “nuovi minimi” mediante il quadro VO da allegare al modello Unico 2013.

Il modello 730 nei vari casi

 Con il modello 730, oltre agli altri vantaggi rispetto al Modello Unico, si ha anche quello di poter effettuare il pagamento in busta del conguaglio a debito dal modello 730-3, mediante il datore di lavoro o dal 730-4 in caso di assistenza del CAF.

È possibile il versamento a rate mediante prelievo in busta paga nel mese di luglio per i dipendenti o di agosto/settembre per i pensionati. Il lavoratore contribuente o il pensionato può scegliere anche il versamento a rate dell’eventuale conguaglio a saldo, indicando il numero nella colonna 7 del rigo F6 del modello 730 del 2012. Se invece si presenta il modello 730 congiunto, si dovrà indicare il dato solo nel modello del dichiarante.

Sulle rate sarà applicato un interesse dello 0,33% mensile, che verrà prelevato ogni mese in busta paga dal sostituto d’imposta insieme alla rata. Se non è possibile il conguaglio nel mese di luglio, secondo il termine stabilito, il sostituto d’imposta datore di lavoro deve suddividere il debito in un numero di rate che sia più vicino a quello scelto dal contribuente.

I rimborsi dei crediti d’imposta, i limiti e i tempi

 Può succedere che le ritenute Irpef da versare non bastino a rimborsare l’intero credito che spetta al lavoratore. In tal caso il sostituto d’imposta datore di lavoro può effettuare i rimborsi dei crediti d’imposta con un importo rapportato all’importo complessivo delle ritenute da effettuare ogni mese all’ammontare dei crediti da rimborsare al lavoratore.

Ma ci sono dei limiti: il datore di lavoro per i rimborsi dei crediti d’imposta non può superare l’anno. Più chiaramente: il datore di lavoro ha la possibilità di erogare i rimborsi dei crediti d’imposta prodotti dalle dichiarazioni dei redditi, sempre in rapporto alle ritenute operate, solo entro l’anno d’imposta, ovvero entro dicembre.

Se il sostituto d’imposta non riesce a rimborsare tutti i crediti, crea dei crediti d’imposta residui e deve, quindi, certificare le imposte non rimborsate nel modello Cud, consegnato ai lavoratori entro il 28 febbraio dell’anno successivo. In questo modo il lavoratore contribuente potrà far valere i crediti che gli spettano nella successiva dichiarazione dei redditi, cioè nel modello 730 dell’anno successivo.

Chiarimenti su conguaglio fiscale a credito e a debito dell’Irpef

 Il lavoratore dipendente, o il pensionato, che presenta il modello 730 per la dichiarazione dei redditi ha due possibilità per il conguaglio a credito o a debito dell’aliquota Irpef: recuperare i crediti Irpef nella busta paga di luglio o di agosto/settembre oppure pagare le imposte a saldo e acconto dovute, anche a rate, come indicato nel prospetto di liquidazione. A sua volta, il datore di lavoro o l’Inps devono addebitare o accreditare nei limiti delle ritenute.

Il sostituto d’imposta o il datore di lavoro o l’ente pensionistico di riferimento ha l’obbligo, in base al Decreto Legge n. 164 del 1999, di provvedere ai conguagli fiscali considerando i risultati contabili del modello 730-3 oppure il modello 730-4. Più precisamente: il 730-3, se hanno prestato direttamente assistenza fiscale ai propri dipendenti o pensionati oppure il 730-4, considerando i risultati trasmessi loro dall’Agenzia delle Entrate entro un limite massimo di 10 giorni dal ricevimento delle trasmissioni effettuate dai Caf o dai professionisti abilitati.

Per imposte pagate in eccesso rimborsi in busta paga

 Il lavoratore ha diritto al conguaglio a credito se ha pagato imposte in eccesso: il rimborso viene fatto nelle buste paga dell’anno. Chiarimenti in dettaglio.

La convenienza del modello 730 rispetto al modello Unico per la dichiarazione dei redditi si evidenzia proprio in questi casi, come ad esempio quando il lavoratore, per errore o disattenzione, paga per le imposte più di quanto dovuto. Può infatti recuperare il surplus pagato, che gli viene rimborsato nella busta paga dell’anno, tramite il sostituto d’imposta, il datore di lavoro o l’ente pensionistico di riferimento.

In sintesi, il lavoratore presenta il modello 730 e gli vengono restituite le imposte trattenute mediante crediti accreditati in busta paga nel mese di luglio o di agosto se è un pensionato. La legge, tuttavia, pone dei limiti ai rimborsi fiscali del datore di lavoro. Vediamo come e perché…

I rimborsi fiscali, che vengono richiesti dal modello 730-4 inviato dai Caf e da erogare di seguito ai dipendenti, possono essere accreditati nella busta paga del lavoratore nel rispetto dei limiti delle ritenute Irpef che il sostituto d’imposta ha prelevato dalle buste paga del proprio lavoratore e relative al mese in cui viene effettuato il conguaglio, cioè a luglio.

Contributi sanitari integrativi, esentasse e deducibili dal reddito

 I contributi sanitari integrativi rappresentano una convenienza sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, in quanto i relativi versamenti non sono soggetti a nessuna forma di tassazione, e anzi possono usufruire di una detrazione fiscale del 19% fino al limite di 3.615,20 euro.

Infatti, i contributi che le aziende versano ai fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale a favore dei propri dipendenti rientrano nella categoria delle spese deducibili fino alla cifra di 3.615,20 euro già menzionata.

Il lavoratore, quindi, ma anche il pensionato, può detrarre i contributi sanitari versati dal proprio reddito imponibile ai fini dell’Irpef, cioè dell’imposta sul reddito. In questo senso abbiamo parlato di convenienza per entrambi i soggetti in causa, per l’azienda e per il lavoratore, al fine di chiarire eventuali indecisioni sul versamento di contributi sanitari integrativi e della relativa agevolazione fiscale.

Chiarimenti sui contributi sanitari deducibili, i requisiti per l’agevolazione fiscale

 Per usufruire dell’agevolazione fiscale, i contributi sanitari integrativi devono essere versati ad una cassa che abbia soltanto finalità assistenziali. E inoltre il versamento dei contributi sanitari alla cassa di assistenza va fatto sulla base di un contratto o di un accordo collettivo oppure di un regolamento aziendale.

Il contributo sanitario risulta versato dal lavoratore, ma viene trattenuto dal datore di lavoro direttamente dalla retribuzione lorda del lavoratore, risultando quale contributo previdenziale in busta paga. Il datore di lavoro consegna poi al lavoratore il modello Cud nel quale deve indicare nell’apposita casella l’importo complessivo dei contributi sanitari versati alla cassa di assistenza. Si precisa che i contributi sanitari non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.

Lavori proibiti a tutela della donna in gravidanza

 La Costituzione italiana ha dettato delle regole a tutela della lavoratrice lungo il percorso dell’attesa del suo bambino e anche dopo.

Intatti, in base all’art. 53 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, la donna lavoratrice in gravidanza non può svolgere determinate mansioni pesanti e rischiose per le sue salute e per quella del nascituro come, ad esempio, tra gli altri, il lavoro notturno dalle ore 24 alle ore 6, e nel periodo compreso tra l’accertamento dello stato di gravidanza e il compimento del primo anno del bambino.

Lavori rischiosi lavoratrice in gravidanza, divieti secondo Dlgs 151/2001

 Abbiamo indicato in precedenza alcuni dei lavori che le donne in gravidanza non possono svolgere senza rischio per la loro salute, in base al Decreto Legislativo n. 151 del 2001.

Per una informazione completa, proseguiamo nell’indicazione dei lavori proibiti alle lavoratrici in stato di gravidanza in base allo stesso Decreto. Proibiti soprattutto quelli che comportano l’esposizione ad agenti e radiazioni ionizzanti, al toxoplasma e al virus della rosolia, al piombo e suoi derivati. Vietate anche condizioni di lavoro a rischio, come i lavori nelle miniere.

Gravidanza e indennità di maternità lavoratrici autonome

 Le lavoratrici autonome della Gestione artigiani e commercianti e le lavoratrici agricole hanno diritto al congedo di maternità di 5 mesi. Oltre al diritto all’indennità di maternità dell’Inps, calcolata sulla retribuzione giornaliera.

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e le stesse retribuzioni cui ha diritto il lavoratore, in quanto svolge lo stesso lavoro: ovvero, parità di doveri = parità di diritti. La donna lavoratrice deve poter svolgere anche il suo ruolo di madre e, in quanto tale, ha diritto a condizioni di lavoro che le consentano di adempiere al suo impegno familiare e ad una tutela speciale per sé e per il bambino, in base all’art. 37 della Costituzione italiana in favore delle donne lavoratrici.

Maternità a rischio, nuova disciplina 2012

 Dal 1° aprile è in vigore la nuova disciplina delle interdizioni dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza.

Una delle novità introdotte dal Dl sulle semplificazioni (Dl 5/2012, in vigore dal 10 febbraio): la ripartizione delle competenze fra le Asl e le direzioni territoriali del Lavoro, da caso a caso. Sono così operative le semplificazioni introdotte dal Dl e comunicate mediante circolare del ministero del Lavoro n. 2 del 16 febbraio e la n. 1275 comunicata dall’Inail il 21 febbraio u.s.

Interdizione dal lavoro delle lavoratrici in gravidanza
In caso di interdizione per gravi complicazioni dello stato di gravidanza, competente di tutta la procedura è esclusivamente la Asl. Se invece l’interdizione deriva da condizioni ambientali e lavorative a rischio per la salute della lavoratrice e del bambino, competente sia dell’istruttoria che del provvedimento è la Dtl. Dal 1° aprile in poi, le Dtl dovranno inviare alle Asl le richieste di astensioni che non definibili entro questa data.

Maternità e congedo per il minore con handicap

 I lavoratori che hanno un figlio affetto da grave handicap hanno diritto ad agevolazioni particolari.

Fra le altre, il diritto al prolungamento dell’astensione facoltativa oppure al permesso giornaliero retribuito per una o due ore fino al compimento del terzo anno di età del figlio. Dopo che il bambino avrà compiuto i tre anni, il genitore lavoratore avrà diritto a tre giorni di permessi mensili retribuiti.

Il congedo per figli affetti da handicap grave in dettaglio:
*Il lavoratore con figlio portatore di handicap ha diritto a congedo, permessi e riposi anche se l’altro genitore non lavora oppure non ne ha diritto.
*Il lavoratore non può beneficiare di permessi e astensione facoltativa nello stesso giorno. Più chiaramente non può richiedere permessi nel periodo in cui è in congedo per handicap del proprio figlio.
*I genitori però possono beneficiare contemporaneamente l’uno dell’astensione facoltativa e l’altro dei permessi per i figli disabili.
*Il genitore lavoratore può cumulare anche riposi e permessi nel periodo di congedo per figlio portatore di handicap e di congedo per malattia del figlio.

L’indennità di maternità se scade il contratto

 La lavoratrice che ha un contratto a tempo determinato ha diritto all’indennità INPS per la maternità anticipata o obbligatoria, anche in caso di scadenza del contratto di lavoro.

Così è stabilito dalla circolare ministeriale del 1° dicembre 2004: in caso di scadenza del contratto viene riconosciuta alla lavoratrice l’indennità di maternità anche se in modalità differenti ovvero in base alla durata del periodo di conclusione del rapporto di lavoro: se cioè il rapporto di lavoro si è concluso da più di 60/120 giorni o meno. Questo il parere espresso dal Consiglio di Stato n. 460/2003.