Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nella riforma

 Proseguiamo il nostro viaggio nella flessibilità in uscita – così come modificata dalla riforma Fornero – con i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, o licenziamenti “oggettivi o economici”. Si tratta, in evidenza, di una fattispecie significativamente differente a quella vista poco fa, relativa ai licenziamenti individuali, e che riguarda le cessazioni dei rapporti di lavoro effettuate a causa di difficoltà economiche aziendali.

Anche in questo caso, la disciplina muta sostanzialmente per le imprese di maggiori dimensioni (quelle con più di 15 dipendenti), rimanendo invece sostanzialmente invarata nei confronti delle imprese con meno di 15 dipendenti, per le quali permane l’attuale forma di tutela: il giudice potrà infatti disporre un risarcimento in capo al lavoratore, compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità.

Come regolarizzare la falsa partita IVA

 Poche ore fa abbiamo visto in che modo il governo intenda scovare le false partite IVA mediante lo strumento delle presunzioni legali: al rispetto dei due dei tre requisiti precedentemente indicati, infatti, scatterà la presunzione legale in grado di trasformare la partita IVA in co.co.pro con partita IVA (e conseguente applicazione della disciplina delle co.co.pro.) o, in alternativa e in caso di assenza di un progetto, o nel caso in cui l’attività sia svolta con modalità tipiche del lavoro dipendente, in un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Ad ogni modo, alla stringente normativa di cui sopra, che mira a scovare gli aggiramenti fiscali da parte del datore di lavoro, il governo ha posto qualche gradito rimedio e qualche importante esclusione. Cerchiamo pertanto di capire in che modo il committente può evitare gli effetti della presunzione.

Come scovare le false partite IVA

 Come noto, con gli ultimi provvedimenti in materia di lavoro, il governo ha lanciato sul mercato italiano il concetto di “presunzione” di falsità della partita IVA e, di conseguenza, l’assimilazione a co.co.co. del lavoratore celato attraverso l’attribuzione di una posizione IVA.

La presunzione scatta quando le prestazioni lavorative rese dalla persona titolare di posizione fiscale ai fini IVA prevedano il rispetto di almeno due dei tre requisiti principali stabiliti dalla norma. Se i requisiti sono rispettati, e salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, le prestazioni fornite dalla partita IVA saranno in tutto e per tutto ricondotte all’interno di un rapporto co.co.co. per presunzione legale, con conseguente presenza di un “progetto” al fine di sancirne la legittimità.

Licenziamento della donna in gravidanza, deroghe al divieto

 In taluni casi decade la tutela della donna in gestazione, nel senso che il divieto di licenziamento durante la gravidanza e il primo anno di età del bambino non è valido per motivi precisi considerati in base all’art. 54 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001 per i quali è ammessa la deroga al divieto.

Fra i motivi vari da considerare per la deroga al divieto di licenziamento: *l’esito negativo della prova; *la giusta causa per colpa grave da parte della lavoratrice; *per cessazione dell’attività aziendale alla quale è addetta; *fine del lavoro per il quale la lavoratrice è stata assunta; *fine del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.

La giusta causa per il licenziamento della lavoratrice durante il periodo di *tutela legale della gravidanza e del primo anno del bambino deve essere particolarmente grave e soprattutto deve essere provata mediante una verifica che va eseguita in rapporto al comportamento complessivo della lavoratrice e alle sue particolari condizioni psico-fisiche legate allo stato di gestazione, che sono importanti per escludere la giusta causa, in quanto il comportamento dipende da cause indipendenti della sua volontà.

Aspi e mini Aspi, tutto sui nuovi ammortizzatori

 Con l’entrata in scena della riforma del lavoro, i vecchi ammortizzatori sociali hanno subito una piccola rivoluzione. Considerato che le turbolenze sono imminenti, è bene prendere confidenza quanto prima con le Aspi e le mini Aspi, i nuovi strumenti di ammortizzazione sociale che il governo ha scelto di introdurre, al fine di costituire un valido sostegno nel tempo per quei lavoratori che si trovassero privi di una posizione da occupare.

Per quanto concerne la Aspi, questa riguarderà tutti i nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatasi a decorrere dal 1 gennaio 2016, e concernerà tutti coloro che hanno almeno due anni di anzianità assicurativa, e 52 settimane di contribuzione nel biennio precedente a quello di inizio del periodo di disoccupazione.

Tutela legale per dimissioni e licenziamento in gravidanza e nel primo anno del bambino

 L’art. 87 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, il Testo Unico in materia di tutela legale a sostegno della maternità e della paternità, pone il divieto a dimissioni e licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino a un anno d’età del bambino.

La tutela legale a favore della donna lavoratrice copre il periodo di astensione obbligatoria di 5 mesi, distribuito tra i mesi prima e dopo la data del parto. Il divieto di dimissioni e licenziamento della lavoratrice vige anche in caso di adozione e affidamento fino ad un anno dall’ingresso del minore nell’anagrafica della nuova famiglia. L’art. 54 del D. Lgs. 151 del 2001 stabilisce che in caso di adozione internazionale la tutela legale parte dal momento in cui viene comunicato l’invito a recarsi all’estero per incontrare il minore e ricevere la proposta di adozione.

Assegno di maternità dello Stato, i requisiti contributivi per le varie tipologie del lavoro

 In merito ai requisiti contributivi necessari per il diritto all’assegno di maternità dello Stato, abbiamo già chiarito quelli necessari per alcune tipologie di lavoro.

Concludiamo la panoramica sul tema con i requisti contributivi specifici riferiti in particolare al lavoro subordinato, al lavoro part-time, al lavoro autonomo, al lavoro all’estero in Paesi dell’Unione Europea. Una spiegazione caso per caso.

Nel caso di lavoro subordinato, i tre mesi di contributi corrispondono a: *90 giorni di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a giornata; *13 settimane di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a settimana; *24 ore (di lavoro alla settimana), moltiplicato per 13 settimane, per i lavoratori retribuiti ad ore. I criteri di calcolo sono quelli in vigore per i lavoratori domestici: bastano 24 ore settimanali di lavoro per accreditare un contributo settimanale.

Assegno di maternità dello Stato, i requisiti contributivi

 Per il diritto all’assegno di maternità dello Stato sono necessari, naturalmente, dei requisiti di base, quali anzitutto i requisiti contributivi.

Per quanto riguarda i requisiti contributivi necessari per la domanda di assegno di maternità dello Stato, bisogna avere tre mesi di contributi tra i 18 o i 9 mesi anteriori al parto o all’ingresso nella famiglia anagrafica, in caso di adozione o affidamento. S’informa che si tratta di una copertura assicurativa correlata al lavoro subordinato e dipendente, parasubordinato e autonomo, per il quale siano stati versati i contributi di maternità.

Quindi la lavoratrice precaria incinta, se non accede al congedo di maternità come dipendente o parasubordinata o come lavoratore autonoma ad esempio se è iscritta alla Gestione artigiani e commercianti Inps o lavoratrice agricola, può accedere all’assegno di maternità dello Stato mediante la copertura di tre mesi nei 18 mesi precedenti il parto, qualunque sia la sua tutela previdenziale.

Assegno di maternità dello Stato, chi può richiederlo

 Abbiamo già parlato dell’assegno di maternità dei Comuni e dell’assegno di maternità dello Stato, entrambi rivolti a tutelare la donna in gravidanza e nel periodo post partum.

Oggi chiariamo un altro aspetto del tema: chi ha diritto all’assegno di maternità dello Stato? Ovvero chi può richiederlo? Precisiamo allora che hanno diritto all’assegno di maternità dello Stato le cittadine italiane e comunitarie che risiedono in Italia al momento del parto o dell’ingresso del minore adottato o affidato nell’anagrafica della famiglia di chi lo richiede.

Anche le cittadine non comunitarie residenti in Italia possono richiedere *l’assegno di maternità dello Stato, sempre al momento del parto o dell’ingresso del minore adottato o affidato nella famiglia anagrafica del richiedente. Ma c’è una condizione: la cittadina extracomunitaria deve avere la carta di soggiorno o il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Lavoratrici precarie, diritto all’assegno di maternità dello Stato

 Le lavoratrici precarie, disoccupate oppure occupate saltuariamente, in caso di nascita di un figlio oppure in caso di adozione o affidamento di minore, hanno diritto ad un assegno di maternità dello Stato ma erogato dall’Inps in misura fissa annuale. Tuttavia i requisiti contributivi sono diversi da quelli previsti per l’indennità di maternità.

Nello specifico, cosa è l’assegno di maternità dello Stato: è un assegno al quale ha diritto la madre lavoratrice precaria o disoccupata in caso di nascita di un figlio oppure di adozione o affidamento preadottivo di un minore che non abbia più di 6 anni o fino a 18 anni in caso di adozione o affidamento internazionale. L’assegno di maternità dello Stato non va confuso con l’assegno sociale dei Comuni: è integrativo e spetta in genere alle lavoratrici dipendenti, a progetto o parasubordinate o alle lavoratrici autonome, naturalmente dopo presentazione della relativa domanda.

Riforma pensioni, i contributi previdenziali per lavoratori agricoli e coltivatori diretti dal 2012

 La riforma Monti ha cambiato le norme contributive anche per gli imprenditori agricoli: dal 2012 aumentano i contributi agricoli previdenziali da versare.

I lavoratori agricoli (coltivatori diretti, mezzadri e coloni) sono tra i lavoratori autonomi per i quali l’Inps prevede una gestione previdenziale autonoma, che però ha subito delle modifiche appunto a causa della riforma delle pensioni, con l’aumento dei contributi agricoli previdenziali a partire dal 2012.

L’Inps specifica che i lavoratori autonomi dell’agricoltura iscritti alla gestione Inps sono i *coltivatori diretti, cioè i piccoli imprenditori che coltivano manualmente dei fondi, di cui sono proprietari, affittuari, usufruttuari; *gli imprenditori agricoli professionali, ovvero gli imprenditori agricoli che non possono essere inquadrati come coltivatori diretti in quanto proprietari di consistenti estensioni di terreni; *coloni e mezzadri, che svolgono attività agricola mediante forme associative, che vanno però estinguendosi in quanto i contratti sono proibiti dal 1982.

Cause del crollo delle immatricolazioni universitarie

 Nel corso degli ultimi otto anni, le immatricolazioni alle Università italiane sono calate del 15%. Le cause sarebbero numerose, e non sempre ricollegabili tra di loro: dal calo demografico alla presenza di una minore quota di studenti adulti, dalla maggiore scarsità di passaggi dalla scuola secondaria all’Università (si è passati rapidamente dal 72,6% al 63,3%) al minore interesse dei diciannovenni per gli studi universitari, attraversando l’annosa questione legata ai costi della formazione specialistica.

Secondo quanto sottolinea una recente ricerca condotta da Alma Laurea, la situazione non è destinata a migliorare. “I miglioramenti registrati dall’età di laurea e dalla regolarità negli studi” – sottolinea infatti l’analisi – “punti storicamente dolenti del sistema universitario nazionale, tendono a stabilizzarsi”.

Disoccupazione e mobilità, contributi figurativi e indennità

 L’Inps versa dei contributi figurativi a sostegno del reddito in caso di perdita di lavoro o in caso di mobilità, automaticamente e senza la presentazione di una domanda di riferimento.

Invece non versa i contributi figurativi nei periodi in cui il lavoratore usufruisce del trattamento speciale di disoccupazione dell’industria e in caso di proroga del trattamento speciale. Ricordiamo che durante il periodo in cui si percepisce l’indennità di disoccupazione non si possono versare contributi volontari. Quindi, in caso di disoccupazione, possono essere accreditati solo i contributi figurativi.

L’Inps, tuttavia, pone dei limiti: un periodo di 180 giorni ovvero di 26 settimane per l’accredito di contributi figurativi e la condizione che sia accreditato almeno un contributo settimanale obbligatorio prima del periodo da coprire con i contributi figurativi.

Cassa integrazione e contratti di solidarietà, contributi figurativi accreditati

 L’Inps, come abbiamo già precisato, eroga i contributi figurativi d’ufficio, cioè senza la presentazione della domanda da parte del lavoratore, anche per la cassa integrazione guadagni.

L’Inps precisa inoltre che i contributi figurativi accreditati per integrare i salari danno il diritto a tutte le pensioni, anche alla misura di tutte le altre prestazioni previdenziali e alla determinazione del contributo dovuto per proseguire nel versamento volontario dei contributi.

La cassa integrazione guadagni, per i periodi di sospensione dal lavoro o di riduzione dell’orario di lavoro, è stata corrisposta per la *cassa integrazione ordinaria ordinaria (CIGO) per i lavoratori dipendenti da imprese industriali, esclusa l’edilizia; *cassa integrazione speciale, sempre per i lavoratori dipendenti da imprese artigiane e industriali; *cassa integrazione straordinaria (CIGS) per i lavoratori dipendenti da imprese del settore industriale che abbiano più di 15 dipendenti, imprese del settore edile, aziende commerciali con più di 200 dipendenti, aziende di mensa e ristorazione.