Il licenziamento del lavoratore tossicodipendente

Questo è un tema particolare perché coinvolge la sfera privata di ogni persona.

Il lavoratore tossicodipendente a tempo indeterminato, il cui stato di tossicodipendenza sia accertato dall’ASL,  ha diritto alla sospensione non retribuita della prestazione lavorativa (aspettativa) al fine di partecipare a programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle Asl o di altre strutture terapeutico riabilitative e socioassistenziali così come stabilisce il DPR 1990/309.

La giurisprudenza ha da sempre affermato che la semplice dipendenza da sostanze stupefacenti non è di per sé una condizione sufficiente a legittimare il recesso dal contratto di lavoro ovvero il suo licenziamento.

Infatti, in base alla sentenza della Corte di Cassazione del 26 maggio 2001 n. 7192 e TAR del Lazio con sentenza n. 1573 del 2 marzo 2005, occorre accertare di volta in volta la condotta del dipendente e verificare se questa infrange definitivamente il rapporto fiduciario che si è instaurato con il proprio datore di lavoro.

Modifiche alla legge 104 per portatori di handicap

Il collegato al lavoro ha modificato la disciplina sui permessi per l’assistenza ai portatori di handicap; infatti, l’articolo 33 della legge 104/1992 è stato modificato dall’articolo 24 del DDL 1167-B.

Il Legislatore ha apportato alcune modifiche per l’assistenza  ai portatori di handicap in situazione di gravità e le variazioni introdotte riguardano tutti i dipendenti a prescindere dal contratto di lavoro stipulato.

Il permesso di 3 giorni mensili retribuiti e coperti da contributi per assistere un familiare, non ricoverato a tempo pieno, spetta solo ai parenti ed affini entro il 2° grado o fino al 3° grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap abbia compiuto i 65 anni o sia affetto da  patologie invalidanti o sia deceduto.

Lavorare all’estero, il distacco

Una persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato comunitario presso un’impresa dalla quale dipende normalmente è sottoposto alle regole previdenziali del primo stato comunitario.

In questo caso si parla di distacco e la sua durata non può essere superiore a 12 mesi.

Al termine è possibile richiedere una proroga per altri dodici mesi previa richiesta e autorizzazione dell’autorità competente del Paese in cui si svolge il lavoro.

Inps, anticipare la pensione si può

Per il maggiore ente previdenziale italiano l’anticipo è consentito ma solo a determinate condizioni.

Secondo quanto stabilisce la legge 243/04 in via sperimentale, dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2015, le lavoratrici, in presenza di un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di una età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, possono conseguire il diritto all’accesso al trattamento pensionistico di anzianità a patto che optino per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997 n. 180.

Tale opzione consente alle lavoratrici, in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, di ottenere la pensione di anzianità con un’età anagrafica inferiore rispetto a quella prevista dalla tabella A allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, come sostituite dalle tabelle A e B della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

Licenziare il dipendente per troppa malattia

La malattia è un istituto normativo utilizzato per mantenere il rapporto di lavoro, anche se non esiste, in sostanza, una prestazione lavorativa; in effetti, si ottiene una sospensione del rapporto per oggettiva sopravvenuta impossibilità al fine di poter assicurare il prosieguo della prestazione lavorativa.

In questo caso, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un certo periodo di tempo (definito periodo di comporto), la cui durata deve essere stabilita dal contratto collettivo nazionale applicabile.

Non solo, il datore di lavoro, oltre a conservare il posto di lavoro, deve garantire l’intero trattamento economico.

Il lavoratore all’estero, la previdenza nell’Unione Europea

Uno degli obiettivi del trattato di Roma, in modo particolare l’articolo 51, mira alla salvaguardia sociale di ogni lavoratore dell’Unione Europea che presta la propria attività in un Paese terzo.

Nell’Unione Europea si è sempre più affermato il principio della tutela sociale al fine di favorire la libera circolazione di lavoratori attraverso le disposizioni contenute nel regolamento n. 1408/71 e successivamente modificato dal regolamento n. 574/72.

In sostanza, si è affermato un sistema di coordinamento dei sistemi di sicurezza nazionali che prevedono per i lavoratori migranti il cumulo, la cosiddetta totalizzazione, di tutti i periodi di previdenza sociale sia per la maturazione e la conservazione delle prestazioni sia per il calcolo delle eventuali quote retributive spettanti.

Intesa sull’arbitrato tra le Parti Sociali e il Ministero del Lavoro

Siglata dalle parti sociali una dichiarazione comune sull’arbitrato introdotto dal recente collegato al lavoro, un provvedimento che ha sollevato inevitabilmente diverse polemiche e dubbi interpretativi.

Di sicuro l’arbitrato è un vero strumento alternativo al giudice nelle controversie di lavoro, ma per evitare abusi è necessario definire delle linee d’azione comuni.

Ricordiamo, infatti, che il comma 9 del collegato al lavoro stabilisce che, in   relazione alle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie di cui all’articolo 808 del codice di procedura civile che rinviano alle modalità di espletamento dell’arbitrato di cui agli articoli 412 e 412-quater del codice di procedura civile.

Corte di Cassazione: l’azienda non può controllare l’accesso a Internet

Importante sentenza della Corte di Cassazione che proibisce al datore di lavoro di controllare con sistemi elettronici gli accessi ad Internet e alla posta del dipendente.

La sentenza ovviamente non va letta come un divieto assoluto di presenza di programmi di controllo o monitoraggio, ma è necessario che questi sistemi devono essere autorizzati e regolamentati richiamandosi al rispetto degli obblighi della privacy e garantendo la necessaria correttezza dei sistemi di rilevamento.

A questo proposito l’azienda deve dotarsi di idonei strumenti in grado di garantire il corretto funzionamento, quali l’uso di regolamenti, l’emissione di notizie informative, la nomina di un responsabile che ne garantisca la corretta gestione e l’uso dei log file.

Collegato lavoro: scontro sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori

Oggi si sciopera anche per affermare il ruolo preminente dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Infatti, con l’art. 31 del collegato lavoro il Legislatore elimina l’obbligatorietà, D.L. n. 80/1998, del tentativo di conciliazione reintroducendo la normativa in vigore fino al 1998.

Non solo, le parole dell’assessore al Lavoro, Pari Opportunità e politiche giovanili della regione Lazio, Alessandra Tibaldi, non lasciano dubbi sulla posizione dell’opposizione:

Siamo in presenza di un attacco senza precedenti al mondo del lavoro ed ai principi di civiltà giuridica del nostro ordinamento giuslavoristico.

Di fronte a questo inaudito attacco al sistema di tutele e diritti delle lavoratrici e dei lavoratori mi unisco al coro di tutto coloro che stanno aderendo all’appello contro questa controriforma, che aggira subdolamente l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Prolungamento cassa integrazione: parere negativo del Governo

 L’allungamento della cassa integrazione ordinaria da 52 a 78 settimane è inutile. A dichiararlo nelle ultime ore è stato Maurizio Sacconi, Ministro del Lavoro, aggiungendo che in merito al provvedimento approvato nei giorni scorsi in Commissione l’Esecutivo esprimerà un parere negativo. Secondo il Ministro, in virtù delle estensioni già presenti per l’accesso alla cassa integrazione, l’allungamento della CIG ordinaria non serve visto che per le aziende in crisi ci sono già strumenti che offrono una adeguata protezione ai lavoratori. L’orientamento del Governo in materia di estensione della cassa integrazione ordinaria non è stato ben accolto dalla Cgil, la quale, per voce del segretario confederale, Fulvio Fammoni, sottolinea come il no del Ministro Sacconi confermi il disinteresse del Governo nei confronti della crisi.

Chiarimenti Inps sull’indennità per i collaboratori a progetto

La finanziaria 2010 ha ampliato i requisiti e la misura per la tutela del reddito a favore dei collaboratori coordinati e continuativi, art.2 Legge 191 del 23 dicembre 2009 (Legge Finanziaria 2010).

L’Inps, con la circolare n. 36 del 9 marzo, fa chiarezza su questo nuovo istituto e pone espressamente in evidenza che destinatari sono i collaboratori a progetto iscritti, in via esclusiva, alla gestione separata (quindi con aliquota 25,72% nel 2009 e 26,72 nel 2010) e descrive, inoltre, le condizioni per avere diritto all’indennità.

L’istituto previdenziale ha ribadito i requisiti che la Legge Finanziaria 2010 ha espressamente previsto (art.2, comma 130, legge n. 191/09 che ha riformulato l’art.19,comma 2, del D.L. n.185/08) e ha indicato la procedura che il lavoratore deve seguire.

Cassa integrazione ordinaria: durerà diciotto mesi

 Grazie ad una votazione favorevole da parte sia del centrodestra, sia del centrosinistra, alla Camera dei Deputati, ed in particolare presso la Commissione Lavoro, è stato approvato un importante emendamento anticrisi che prolunga la cassa integrazione ordinaria da dodici a diciotto mesi, ovverosia da 52 a ben 78 settimane. Trattasi di una misura di rilevante importanza se si considera che nelle ultime settimane sono state molte le aziende nel nostro Paese che, a causa del loro persistente stato di crisi, hanno dovuto fare richiesta per la CIGS, la cassa integrazione guadagni straordinaria con molti casi che, in base ai decreti di concessione, hanno riguardato purtroppo anche dei fallimenti societari. L’emendamento approvato in Commissione, tra l’altro, è in linea con le richieste della CGIL, la quale da parecchi mesi oramai chiede il raddoppio della cassa integrazione guadagni ordinaria, portandola da 52 a 104 settimane al fine di evitare che le aziende e, di riflesso, i lavoratori rimangano scoperti dal beneficio degli ammortizzatori sociali aspettando che la ripresa in Italia si faccia più robusta ed il mondo del lavoro torni lentamente ai periodi pre-crisi.

Inps: indennità di malattia e maternità per lavoratori a tempo parziale

l’Inps, con la circolare n. 30 del 3 marzo 2010, fornisce ulteriori istruzioni sulle modalità di liquidazione delle indennità di malattia e maternità, a pagamento diretto, in favore dei lavoratori dipendenti non agricoli con contratto di lavoro a tempo parziale (orizzontale, verticale o misto).

Il contratto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale si contraddistingue, rispetto al contratto di lavoro a tempo pieno, per la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro. La retribuzione corrisposta al lavoratore nel periodo di paga preso a riferimento per il calcolo delle indennità di malattia e maternità risulta già di per sé ridotta.

Nell’ipotesi in esame, quindi, troveranno applicazione i criteri di calcolo adottati per i lavoratori full time con circolare 94/2009.

Chiarimenti Inps per il riscatto dei lavori socialmente utili

L’INPS, con la circolare n. 33 del 5 marzo 2010, intende fornire chiarimenti in materia di riscatto dei periodi di occupazione in lavori socialmente utili ai fini del diritto alla pensione.

I periodi di impiego nelle attività di lavori socialmente utili, per i quali viene erogato il relativo assegno fino al 31 luglio 1995, sono riconosciuti figurativamente utili ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e ai fini della determinazione della misura della pensione stessa.

Questo stabilisce l’art.1, comma 9, del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510 convertito con modificazioni in legge 28 novembre 1996, n. 608 e dell’art. 7, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223.