Negli ultimi dieci anni anche la società italiana ha subito dei profondi quanto rapidi cambiamenti sotto il profilo culturale. Solo negli ultimi tempi, infatti, la nostra società si è avviata ad essere finalmente una società multietnica, come quella che da tempo si intravede nella maggior parte delle capitali europee – come Londra, Berlino o Parigi – dove persone di cultura ed etnia diversa convivono tranquillamente le une vicino alle altre. Questi fenomeni di melting pot culturale ormai non sono più relegati alle grandi periferie cittadine, ma arricchiscono il tessuto anche dei piccoli centri italiani.
Il cambiamento della struttura e della composizione della società italiana ha così fatto sorgere anche da noi l’esigenza di figure professionali in grado di gestire la diversità, in grado di porre in equilibrio un sistema ormai composito e potenzialmente complesso. Anche nel nostro paese si è sentita ad esempio sempre di più l’esigenza di figure quali i mediatori culturali, il cui compito è quello di favorire l’integrazione tra le persone che emigrano in un paese e quelle che già lo abitano.
> Come diventare assistente sociale
La professione del mediatore culturale è una professione dunque nuova nel nostro mercato del lavoro. Proprio per questo il suo percorso formativo non è ancora del tutto definito in Italia, ma quello che è certo è che per svolgere questo lavoro c’è bisogno in primo luogo di una grande passione per il proprio mestiere, cioè una grande fiducia nelle relazioni umane e nel loro valore.
Vediamo quindi quali possono essere i compiti specifici che pertengono a questa figura professionale.
Che cosa fa un mediatore culturale
Il compito primario di un mediatore culturale è quello di facilitare la comunicazione e i rapporti tra le diverse minoranze etniche che abitano un certo contesto e le persone che già via risiedono, come anche quello di favorire l’integrazione sociale degli immigrati. Una delle sue prime mansioni specifiche è quella della mediazione linguistica al momento dell’accoglienza, quindi il ruolo di interprete all’arrivo, che viene poi seguito da una serie di compiti che hanno più strettamente a vedere con la mediazione culturale, e cioè con la comprensione e l’accettazione di usanze, costumi e rituali.
II luoghi principali in cui possono essere impiegati i mediatori sono gli uffici per l’immigrazione, le scuole, gli ospedali e gli altri servizi pubblici, compresi questure e penitenziari, ma anche ASL e sedi di organizzazioni umanitarie no profit.
Quali sono i requisiti professionali di un mediatore culturale
Per svolgere al meglio questa professione è necessario essere personalmente inclini alla multiculturalità e aver avuto esperienze nel settore, ma anche conoscere approfonditamente il modo di vita e la cultura italiani insieme a quella di un’altra cultura, lingua, etnia in cui si ci può specializzare.
Il mediatore culturale si relaziona costantemente con altre persone. Per questa ragione avrà anche bisogno ottime doti relazionali, predisposizione alla comunicazione e capacità di risolvere i conflitti.
Come diventare mediatore culturale
Per diventare mediatori culturali alcune università italiane più al passo con i tempi già propongono percorsi di studio e formazione appositi, in genere costituiti come interfacoltà, tra diverse discipline – Lingue, Lettere, Scienze Politiche, Scienze dell’Educazione, Psicologia, Scienze Sociali. Queste stesse università a volte propongono anche Master di primo o secondo livello sulle stesse tematiche.
In alternativa molte Regioni organizzano corsi di formazione per formare le persone che lavoreranno presso i loro centri.