L’idea di far partecipare i lavoratori agli utili delle aziende è stata avanzata dal governo per voce del ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Di rimando Sacconi, ministro del Welfare, ha affermato che “il mercato è in grado di includere tutti e non escludere nessuno; se il mercato è vissuto compiutamente da una pluralità di forme di impresa profittevoli o meno, si sarà in grado di sviluppare un nuovo sistema […]. Si tratta di far partecipare i lavoratori agli utili… di trovare formule libere e responsabili facendo declinare il conflitto di classe con la piena condivisione del capitale e del lavoro con una prevalenza concettuale del secondo sul primo”.
Sacconi non ha poi risparmiato critiche a chi si oppone a questo progetto, mentre ha apprezzato le aperture di UIL e CISL.
Sarà… In sostanza, esiste però una reale differenza tra imprenditore e lavoratore dipendente; l’imprenditore è il soggetto che rischia il proprio capitale, mentre il lavoratore dipendente non lo rischia, e riceve il salario indipendentemente dal successo del proprio prodotto sul mercato. Semmai il dipendente rischia il posto e non ha facoltà, come l’imprenditore, di chiudere l’azienda per portarla in zone dove il costo della manodopera risulta inferiore.
Per questa ragione, il dipendente preferirebbe un salario basso ma certo perché non fortemente in relazione con i risultati di bilancio.
Non solo, le piattaforme sindacali decise in sede di rinnovo contrattuale dovranno tener conto del nuovo ruolo del sindacato e ridurre, ad esempio, le aspettative economiche dei lavoratori dipendenti (anche dei dipendenti non aderenti al sistema).
Nelle proposte di legge si parla di investimenti da parte del dipendente nell’azienda, ma con quali soldi? Il TFR è già stato utilizzato per la previdenza complementare per ottenere, dopo 40 anni di lavoro, delle pensioni ridicole.
Secondo diversi commentatori l’idea è soltanto un altro sistema per ottenere il consenso delle forze sindacali in cambio di qualche posto nei consigli di amministrazione o in organismi di tutela.
Ci sono diverse proposte tra cui il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori nell’impresa di Pietro Ichino elaborato sulla base di due disegni di legge (Castro, Pdl, e Treu, Pd).
La proposta di Ichino prevede, ad esempio, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori a un consiglio di sorveglianza nelle imprese esercitate in forma di spa o di società europea, con oltre 300 dipendenti.
Ichino nella sua bozza disegna i contorni della partecipazione azionaria dei lavoratori, con l’aiuto di sgravi fiscali. Si prevede per esempio che parte della retribuzione dei dipendenti possa essere differita al momento in cui vengono raggiunti determinati obiettivi aziendali (se l’obiettivo non si raggiunge per incapacità aziendali come il dipendente viene tutelato?).
Gli importi versati dai dipendenti, secondo sempre la proposta Ichino, che aderiscono al piano di partecipazione azionaria, fino a un massimo di 5.200 euro, danno diritto a una detrazione Irpef del 19% (la detrazione è di poco conto, ma perché non pensare alla riduzione dell’imponibile fiscale?).
Il testo completo della bozza Ichino è reperibile al link.