La Corte di Cassazione si esprime a proposito del licenziamento per assenza ingiustificata a seguito della comunicazione delle ferie per e-mail. La Suprema corte, con la sentenza n. 7863 dello scorso 18 maggio 2012, ha affermato l’illegittimità del licenziamento, avvenuto per giusta causa (assenza ingiustificata dal lavoro), di un dipendente che aveva richiesto di assentarsi con una comunicazione, fatta ai suoi responsabili, tramite posta elettronica (e-mail). Ciò in quanto, a detta della Suprema Corte, la comunicazione rientrava nella prassi aziendale per la richiesta di ferie e così, come per il passato, l’assenza di risposta poteva essere intesa come silenzio assenso, così com’era accaduto in precedenza.
Infatti, la Corte territoriale, in base alle prove documentali, ovvero le passate richieste, e testimoniali, colleghi di lavoro, fornitegli ha ritenuto provata l’esistenza di una consuetudine per cui l’autorizzazione veniva sostanzialmente concessa in forma tacita, occorrendo soltanto che il dipendente comunicasse il periodo a mezzo posta elettronica al presidente e ad al responsabile dell’ufficio del personale: il dipendente perciò aveva agito sulla base di un legittimo affidamento che le ferie erano state concesse dal capo dell’ufficio del personale.
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Inoltre, nel caso in cui il datore di lavoro, in tema di licenziamento illegittimo, contesti la richiesta risarcitoria pervenutagli dal lavoratore è onerato, pur con l’ausilio di presunzioni semplici, della prova dell’aliunde perceptum, dell’aliunde percipiendum, a nulla rilevando la difficoltà di tale prova o la mancata collaborazione del dipendente estromesso dall’azienda, dovendosi escludere che il lavoratore abbia l’onere di farsi carico di provare una circostanza, quale la nuova assunzione a seguito del licenziamento, riduttiva del danno patito.
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Per questa ragione, il lavoratore, assentandosi durante i giorni che aveva comunicato via mail, aveva dunque, agito sulla base di un legittimo affidamento che le ferie erano state concesse dal Capo dell’Ufficio del Personale, né poteva ravvisarsi una insubordinazione avendo il ricorrente agito nella consapevolezza di avere ricevuto in forma tacita l’autorizzazione.