La conciliazione obbligatoria influisce sul rapporto di lavoro in base al risultato finale. Gli effetti possono essere diversi perché diverse possono essere le motivazioni del fallimento del tentativo di conciliazione: dalla mancanza di un accordo finale, ad esempio, all’assenza di una delle due parti al tentativo di conciliazione o perché la convocazione da parte della Dtl non è arrivata nei termini stabiliti.
Infatti, c’è anche il rischio che il datore di lavoro possa licenziare il lavoratore: in questo caso, il rapporto di lavoro viene a cessare dalla data della comunicazione alla Direzione Territoriale del Lavoro con la quale è stato avviato il procedimento di conciliazione obbligatoria, fatti salvi il diritto al periodo di preavviso se il lavoratore, nel corso della procedura, non ha continuato a lavorare oppure il diritto all’indennità sostitutiva a favore del lavoratore.
In caso di malattie insorte dopo la comunicazione di avvio della procedura di conciliazione obbligatoria, la riforma del lavoro, allo scopo di evitare abusi, ha previsto che queste eventualità non producano sospensione del licenziamento, ma che mantengano la loro validità gli effetti sospensivi previsti dalle norme a tutela della maternità e della paternità e in caso di impedimento per infortunio sul lavoro.
Se invece il tentativo di conciliazione obbligatoria ha esito positivo, ci sono varie soluzioni alternative al licenziamento, come ad esempio il trasferimento del lavoratore o la trasformazione del rapporto da tempo pieno a part time. I contenuti dell’accordo sono inoppugnabili, in quanto verbalizzati dalla commissione di conciliazione.
In caso di risoluzione consensuale del rapporto, la Dtl ne dà sempre atto con un verbale e resta escluso l’obbligo di convalida davanti a uno degli organismi abilitati, in base all’articolo 4, comma 17, della legge 92/2012. Inoltre, in deroga alla disciplina ordinaria, il lavoratore può accedere all’Aspi ed essere affidato a un’agenzia del lavoro per la ricollocazione.
La comunicazione obbligatoria del licenziamento ai servizi per l’impiego in via ordinaria deve essere effettuata nei cinque giorni successivi al recesso. Sul punto, il Ministero del Lavoro, con la nota 18273 del 12 ottobre 2012, ha già chiarito che il termine di riferimento decorre dalla conclusione della procedura di conciliazione, ovvero dalla data di effettiva risoluzione del rapporto, che la legge 92/2012 individua come “data legale” dalla quale si producono gli effetti del licenziamento, e non dalla data della comunicazione di avvio del procedimento.
Si ricorda che, in caso di omissione della comunicazione obbligatoria, è prevista, a carico del datore di lavoro, una sanzione amministrativa da un minimo di 100 euro ad un massimo di 500 euro.
APPROFONDIMENTI
*Conciliazione obbligatoria: procedura, aziende interessate, motivazioni
*Licenziamento per superamento comporto, Cassazione su conciliazione obbligatoria
*Conciliazione obbligatoria tra impresa e lavoratore