Il Ministero del Lavoro, con una nuova circolare, fornisce chiarimenti sulla conciliazione obbligatoria delle controversie di lavoro, in particolare in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. E spiega quali aziende possano essere interessate oltre alle modalità di applicazione della nuova procedura secondo le nuove regole sul licenziamento introdotte dalla Riforma del Lavoro.
Le nuove regole, infatti, hanno modificato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e riguardano solo le aziende sopra i 15 dipendenti e per le aziende agricole sopra i 5. Si specifica che i lavoratori rientrano o meno nel numero dei “15″ in base alla tipologia di contratto: se part-time e intermittente concorrono al tetto “pro quota” in rapporto all’orario rispetto al tempo pieno contrattuale; sono esclusi dal computo i dipendenti in apprendistato, inserimento, somministrazione e reinserimento.
In base al comma 40 art. 1, la conciliazione obbligatoria riguarda solo i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, che va individuato nelle motivazioni seguenti: *ristrutturazione reparti, *soppressione posto di lavoro, *terziarizzazione ed esternalizzazione attività, *inidoneità fisica, *impossibilità di ricollocamento (repechage ) nello stesso gruppo di imprese, *chiusura cantiere (per l’edilizia),*misure detentive, *provvedimenti amministrativi che incidono sul lavoro (ritiro patente per autisti o porto d’armi per guardie giurate).
Nel caso che la procedura di conciliazione obbligatoria riguardi almeno cinque dipendenti, nell’arco temporale di 120 giorni, e che le motivazioni siano le stesse, si rientra nelle procedure previste dalla normativa sui licenziamenti collettivi (legge 223/1991).
Modalità procedura conciliazione obbligatoria, precisazioni
Il datore di lavoro deve inviare una comunicazione scritta alla Direzione del Lavoro, mediante raccomandata o posta elettronica certificata e, per conoscenza, al lavoratore dipendente. Nella comunicazione deve indicare l’intenzione di procedere a licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la motivazione e gli eventuali provvedimenti di assistenza per la ricollocazione.
La data della procedura di conciliazione obbligatoria parte dalla data in cui la Direzione del Lavoro riceve la comunicazione. La Direzione del Lavoro ha sette giorni di tempo per convocare le parti per raccomandata o posta elettronica certificata. La conciliazione deve terminare entro 20 giorni dalla convocazione. Il tentativo di conciliazione avviene davanti alla commissione della Direzione del Lavoro: le parti possono essere assistite da organizzazioni di rappresentanza (sindacati), avvocati, consulenti del lavoro. Le parti possono sforare il termine di 20 giorni ma non oltre se necessario per raggiungere un accordo.
In caso di mancato accordo, la commissione redige un verbale di mancato accordo e la procedura si conclude con il licenziamento, che parte dall’avvio della procedura. L’eventuale periodo in cui il lavoratore ha prestato l’attività nel corso della procedura di conciliazione obbligatoria, è considerato preavviso lavorato.
Se invece le parti raggiungono un accordo, sono possibili soluzioni alternative oppure la soluzione consensuale del rapporto, che deve contenere nel dettaglio l’eventuale accordo economico. Il lavoratore mantiene il diritto all’Aspi, l’assicurazione generale per l’impiego. (Leggi anche ASPI: domanda indennità disoccupazione, modalità online).
APPROFONDIMENTI
*Chiarimenti dal Ministero del Lavoro sulla nuova procedura di licenziamento
*Licenziamento lavoratore edile: conciliazione obbligatoria