Nuovo interessante interpello giunto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro che chiede di conoscere il parere di questa Direzione generale in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 7, D.Lgs. n. 119/2011, a proposito della disciplina del congedo per cure riconosciuto in favore dei lavoratori mutilati ed invalidi civili.
L’Ordine dei Consulenti del Lavoro chiede, in particolare, di conoscere se l’indennità contemplata in caso di fruizione dei congedi in questione debba essere posta a carico del datore di lavoro ovvero dell’INPS, in quanto computata secondo il regime economico delle assenze per malattia.
Non solo, l’Ordine dei Consulenti del Lavoro chiede anche se sia possibile considerare,
per la fruizione frazionata dei permessi di cui sopra, le giornate di assenza dal lavoro come unico episodio morboso di carattere continuativo ai fini della corretta determinazione del trattamento economico corrispondente
Ricordiamo che la norma prevede che i lavoratori mutilati ed invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono fruire, nel corso di ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a 30 giorni.
Non solo, secondo il nostro quadro normativo questo congedo non rientra nel periodo di comporto ed è concesso dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata da idonea documentazione comprovante la necessità delle cure connesse alla specifica infermità invalidante.
In particolare, l’articolo 7 del decreto citato stabilisce che
durante la fruizione del congedo il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia
L’orientamento del Ministero chiarisce che, in riferimento anche all’interpello dello scorso 5 dicembre 2006
l’indennità per congedo per cure va calcolata secondo il regime economico delle assenze per malattia, afferisce esclusivamente al meccanismo del computo dell’indennità, la quale comunque continua ad essere sostenuta dal datore di lavoro e non dall’Istituto previdenziale, in linea con l’interpretazione fornita da questa Amministrazione sotto la vigenza della precedente disciplina