Che l’Italia non sia il Paese della semplificazione è ben noto. Ma nel nostro Paese le cose, a volte, diventano eccessive e insostenibili anche per i burocrati meno attenti. E così, una ricerca di ItaliaOggi, rivela che nella Penisola possono applicarsi ben 46 diverse forme contrattuali per l’inserimento nel mondo del lavoro. Un vero e proprio labirinto di regole e norme, all’interno del quale non è certo semplice districarsi.
Per accedere al tanto desiderato mondo delle professioni, infatti, le aziende e i lavoratori hanno 46 diverse possibilità, alcune molto differenti le une dalle altre, e tutte contraddistinte dalla possibilità di poter costituire un facile (?) approdo al lavoro. Dal classico contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (sempre più raro) ai contratti di apprendistato, passando per quelli a chiamata o quelli a part time verticale o orizzontale, i giuristi del lavoro hanno il loro bel da fare per cercare di porre ordine nella miriade di forme contrattuali.
Cerchiamo ad ogni modo di fare un po’ di chiarezza. Sulle 46 diverse forme contrattuali, 3 sono quelle principali: si tratta delle categorie di lavoro subordinato, parasubordinato e autonomo, cui si aggiunge una quarta, legata alle relazioni di lavoro c.d. “speciali” (come i tirocini, i voucher o gli stage).
La categoria con le forme contrattuali più semplici è sicuramente quella dei rapporti parasubordinati, all’interno della quale sarà possibile costituire relazioni professionali a progetto, co.co.co., mini co.co.co. (cioè, fino a 30 giorni) e telelavoro. Cinque sono le forme di rapporto di lavoro autonomo, dalla partita IVA alla ritenuta d’acconto, dal telelavoro agli agenti di commercio, passando per i coadiuvanti familiari.
Se però ci spostiamo nel mondo dei rapporti subordinati (cioè, del lavoro dipendente), qui le cose si complicano. A sputare fuori sono infatti ben 26 differenti contrattuali, alcune delle quali scarsamente utilizzate.