Il nuovo contratto di apprendistato, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2011 e identificato con il Decreto Legislativo 14 settembre 2011 n. 167, pone fine ad un percorso normativo che vede nascere una nuova forma di contratto differente rispetto a quello precedente e che ha visto la partecipazione di diversi attori sociali: dalle Regioni alle Commissioni parlamentari fino alle rappresentanze sindacali.
Non solo, anche la Corte Costituzionale ha partecipato, seppur in forma indiretta attraverso due sentenze – la n. 50/2005 e la n. 176/2010 – alla definizione di una nuova forma contrattuale formativa.
Il nuovo apprendistato chiarisce, in modo chiaro e preciso, che in questa particolare tipologia contrattuale è espressamente vietato forme di retribuzione a cottimo. In realtà, il divieto non è una vera e propria novità; in effetti, nel nostro ordinamento possiamo, senza dubbio, ricordare il decreto n. 276/2003 e l’articolo 2131 del codice civile quando si afferma che la retribuzione dell’apprendista non può assumere la forma del salario a cottimo.
Questa decisione ha una sua ragione che deve essere compresa al fine di non svalutare la funzione stessa del contratto di apprendistato; infatti, gli apprendisti non possono essere retribuiti utilizzando il cottimo perché non è pensabile inserire l’apprendista a forme di sfruttamento che dipendono fortemente dall’organizzazione del lavoro e che vincolano l’apprendista a un determinato ritmo produttivo che si scontra con la finalità educativa e formativa dell’apprendistato.
Non solo, il principio è abbastanza noto tanto che la stessa corte di Cassazione ha espresso le sue indicazioni in merito attraverso la sentenza n. 3792 del 10 giugno 1980. In questa particolare sentenza la Suprema corte aveva sanzionato il comportamento del datore di lavoro, riconoscendo, sin dall’inizio, un normale rapporto di lavoro subordinato.
In realtà, il divieto di una retribuzione a cottimo implica un’importante conseguenza: in che modo è possibile concedere all’apprendista, ove applicabili, eventuali elementi retributivi variabili. Secondo alcuni esperti se questi incentivi sono legati all’andamento aziendale o al risultato del reparto e non al rendimento individuale, essi sono pienamente erogabili e tali da generare anche per costoro la “fiscalizzazione agevolata” che consente l’applicazione del 10% (fino ad un massimo di 6.000 euro l’anno) sulle retribuzioni strettamente correlate alla produttività.