Dopo la riforma Monti-Fornero, sono cambiati i requisiti per l’accesso alla pensione, perciò molti optano per i contributi da riscatto del corso di laurea per accrescere l’importo dell’assegno di pensione.
Una soluzione ottimale, indubbiamente, ma che comporta un onere del quale è consigliabile valutare la convenienza e calcolare se il vantaggio è superiore al costo. Parlando di vantaggi, il primo è quello della deducibilità delle rate degli oneri da riscatto per l’accredito dei contributi, in quanto rientrano interamente tra gli oneri deducibili dal reddito e quindi l’imposta Irpef da pagare diminuisce, abbattendo il reddito.
Più precisamente, si ha uno sgravio fiscale sull’aliquota più alta che si dovrebbe pagare se non si versassero i contributi da riscatto del corso di laurea. Se si considera a priori che l’aliquota minima è del 23% e che l’aliquota successiva per la quota di reddito oltre i 15.000 euro è del 27%, se il lavoratore ha avuto negli ultimi 12 mesi un reddito superiore a 15.000 euro, ha un risparmio d’imposta del 27% su 15.000 euro.
Se poi il lavoratore opta per il versamento rateale massimo senza interessi di 120 rate, versa 2.640 euro all’anno per 10 anni. L’importo di 2.640 euro è interamente deducibile e abbatte il reddito imponibile Irpef, quindi il reddito imponibile si abbassa da 20.000 euro a 17.360 euro. In base a questi calcoli, si realizzerebbe un risparmio pari al 27% di 2.640 euro per un totale di 712,80 euro, che vengono recuperati pagando l’imposta Irpef in misura inferiore.
Basandosi su queste valutazioni ipotetiche, il costo del riscatto per ogni anno sarebbe intorno ai 1.900 euro annui e 19.000 euro totali. Questo è il costo costo effettivo del versamento dei contributi per riscattare 4 anni di laurea con versamenti in 10 anni, con un risparmio fiscale annuo sulle 12 rate pagate. Da tenere presente, però, che i 19.000 euro non rappresentano la cifra da versare all’Inps, che è sempre di 26.400 euro richiesti, ma sono il costo reale dei contributi da riscatto.