La storia di ripete: con molta probabilità si sta preparando una manovra da 46 miliari di euro paragonabile a quella degli anni ’90 messa a punto dal governo Amato dove si arrivò, addirittura ad un prelievo forzoso sui conti correnti bancari.
In effetti, secondo le analisi della Corte di Conti, il problema del debito ha assunto una rilevanza tale che non può essere ignorato, come negli anni ’90: si è sempre cercato di ignorare il problema senza mettere mani a profonde riforme strutturali se non in pochi campi come quello previdenziale.
Si è fatto poco anche sul versante dell’evasione fiscale che ha assunto un aspetto devastante per i conti pubblici e sui servizi.
Le analisi della Corte sono precise; in effetti, nel Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica, la stessa Corte riconosce all’esecutivo gli sforzi fatti per tenere sotto controllo i conti pubblici, anche se rileva come i tagli si siano concentrati più sulla spesa in conto capitale, ovvero investimenti, che su quella di parte corrente.
In realtà quello che stiamo subendo è il contraccolpo sull’euro della recente crisi finanziaria al momento non ancora risolta: esiste la necessità di allineare il nostro Paese alle misure messe a punto in sede europea e in una situazione di poca crescita l’effetto sarà, senza dubbio, devastante. Esiste, infatti, il vincolo europeo del rapporto tra debito e Pil che non deve superare la quota del 60% fissata da Maastricht. In base ai riferimenti europei esiste l’impegno di rientro: lo scarto tra il valore e il dato effettivo deve essere ridotto ogni anno di un ventesimo. In soldoni questo vuol dire per il nostro Paese un aggiustamento del 3% all’anno, in cifre 46 miliardi di euro, giusto la portata della manovra Amato del ’92 (che fu di 93mila euro).
Secondo le analisi della Corte non è sufficiente che la spesa primaria rimanga costante in rapporto al prodotto, e neanche che rimanga costante in termini reali. È necessario che si riduca in termini reali, rispetto a livello, già compresso, previsto nel Def per il 2014. Non essendo quindi sufficiente limare ulteriormente al margine la spesa pubblica occorre interrogarsi su quelli che possono realisticamente essere i nuovi confini ed i nuovi meccanismi dell’intervento pubblico nell’economia.