Secondo una recentissima indagine condotta dalla Infocamere, più l’imprenditore è piccolo e maggiormente soffre la crisi. La conclusione cui è giunta l’analisi non è certamente sorprendente, ma vale la pena soffermarsi sugli elementi statistici riportati nell’osservazione autorevole di Infocamere per desumere quali possano essere gli effetti negativi che l’attuale ondata di criticità economico finanziarie sta portando sul mondo dell’imprenditorialità piccola e, in particolar modo, su quella giovanile.
L’indagine sostiene innanzitutto che la forma di impresa più colpita dalle difficoltà sia quella individuale. Il 66% delle imprese individuali (cioè due su tre), non riesce a superare il primo decennio di vita, significando pertanto una straordinaria difficoltà nel perseguire una positiva fase di start up. Le principali determinanti di questi impedimenti vanno principalmente a ricondursi alla scarsa esperienza da parte dell’imprenditore, spesso giovane o giovanissimo, che va a imbattersi contro un muro di burocrazia e di spietata concorrenza.
La maggior parte delle imprese che non arrivano alla fine del decennio sono infatti avviate da giovani con uno scarso o nullo background aziendale, che pagano l’inesperienza sulla propria pelle dovendo alzare bandiera bianca prima del compimento dei dieci anni.
Man mano che ci si allontana dalla forma di impresa individuale, migliorano le speranze di sopravvivenza. Le percentuali di abbandono della “nave” imprenditoriale diminuiscono infatti con la forma di società di persone, con una speranza media di vita pari a 16 anni.
Per quanto concerne i dati statistici più recenti a noi, nel secondo trimestre del 2011 in Italia sarebbero state lanciate circa 170 mila nuova aziende, una su tre nelle regioni meridionali e insulari. La maggior parte di queste (più di una su due), è ovviamente un’impresa individuale, confermando così la media degli scorsi anni, quando 55 nuove aziende su 100 avevano tale forma giuridica.