Nella misura finalizzata ad incrementare l’occupazione nelle Regioni con particolari crisi occupazionali, il governo ha però voluto anche definire alcuni paletti che devono essere utilizzati per regolare meglio gli aiuti concessi.
In effetti, esiste la possibilità che le misure, crediti d’imposta, una volta concesse possono essere soggette a decadenza. Questa possibilità è prevista, in base al disposto dell’articolo 2 comma 7, qualora il numero complessivo dei dipendenti risulti è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti, se i posti di lavoro creati non siano conservati per almeno tre anni, o due anni nel caso di piccole e medie imprese e, infine, nel caso in cui vengano accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale sia a quella contributiva da lavoro dipendente per le quali siano state irrogate sanzioni non inferiori a 5.000 euro, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, nonché nelle ipotesi in cui la Magistratura abbia emanato provvedimenti definitivi contro il datore di lavoro ex art. 28 della legge n. 300/1970 (condotta antisindacale).
La declaratoria del comma 7 stabilisce alcune considerazioni interessanti. In effetti, siccome le assunzioni definite dal datore di lavoro devono essere del tipo a tempo indeterminato, la risoluzione del contratto di lavoro, instaurato per gli effetti del decreto sviluppo, deve essere esperita con la procedura prevista dalla legislazione italiana in accordo alla giusta causa o giustificato motivo: questo vuol dire che il lavoratore assunto dispone di tutte le necessarie tutele legali cosiddette di tipo reali od obbligatorie.
Ad ogni modo, sarà possibile risolvere un rapporto di lavoro solo alla scadenza del tempo minimo, ovvero dopo due o tre anni, stabilito dal decreto.
È opportuno anche precisare che saranno necessari chiarimenti di tipo amministrativo al fine di identificare altri motivi di risoluzione del contratto di lavoro con il conseguente risvolto sui benefici a suo tempo concessi, ossia l’eventuale risoluzione del contratto per decisione autonoma esperita mediante la classica lettera di dimissione.
Non solo, è anche opportuno chiarire anche il limite delle violazioni non formali e suo risvolto con l’articolo 1 della legge n. 296/2006.