L’Anmil ha voluto sollevare un problema fondamentale presente nel mercato del lavoro e lo fa in occasione dell’8 marzo, ossia sono ancora presenti troppe discriminazioni per le donne che lavorano.
Anche se da un punto di vista prettamente giuridico esiste una completa parità tra uomini e donne, nel campo del lavoro questo non è vero perché sono ancora presenti troppe fasce di discriminazioni: dalle difficoltà quotidiane nella conciliazione degli impegni familiari e professionali ai tanti infortuni in itinere, da un sistema di tutele carente alle difficoltà di reinserimento per le disabili.
L’Anmil, Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, nel Rapporto “Donne, lavoro e disabilità: fra sicurezza e qualità della vita” presentato a Roma ribadisce l’emergenza sociale perché le donne possono ben rappresentare la fascia debole del sistema perché si trovano continuamente a dover conciliare i tempi della vita familiare con quelli professionali fino ad arrivare a scontare una discriminazione “di genere” ancora fortemente trascurata sul piano delle tutele.
Il rapporto sottolinea come in Italia appena l’1,4% del Pil venga destinato a famiglia e maternità, contro il 2,1% della media europea (alla Danimarca spetta il record del 3,7%) e ancora peggio sul fronte della disparità economica rispetto ai maschi, ambito dove il nostro Paese scende alla 95esima posizione. Resta critico il problema dell’abbandono del lavoro dopo la nascita dei figli, fattore che incide pesantemente sull’indice di occupazione femminile che – pari al 49,5% – vede l’Italia penultima in Europa.
Non solo, secondo i dati dell’INAIL, a fronte di un aumento di donne occupate (+8,1% dal 2001 al 2010) c’è una sostanziale stabilità nel numero di infortuni (244mila nel 2001, 245mila nel 2010). In termini di rischio, si tratta comunque di una diminuzione che , tuttavia, è assai meno forte di quella riscontrata fra gli uomini. E questo nonostante le professioni tipicamente maschili siano notoriamente più rischiose.
Per l’Anmi la nota particolarmente dolente è quella relativa agli infortuni in itinere: su 89mila complessivi, oltre 43mila (il 50,7%) hanno interessato le donne: per la donna la probabilità di subire un infortunio in itinere è superiore di ben il 50% rispetto a quella del collega uomo.