Con la riforma del lavoro le collaborazioni di lavoro prestate da persona titolare di partita Iva sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
In questo caso, però, sono necessari requisiti specifici. Nello specifico, la collaborazione deve avere una durata superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare; il corrispettivo derivante dalla collaborazione deve superare l’80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare, anche se il fatturato risale a più soggetti con gli stessi interessi; il collaboratore deve disporre di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente. Bastano due su tre di questi requisiti.
Comunque, la postazione fissa di lavoro è il terzo requisito che comporta la presunzione di subordinazione: la definizione sta ad indicare la postazione assegnata stabilmente al lavoratore anche se non in esclusiva. In presenza di questi requisiti, il contratto di collaborazione con partita Iva viene considerato rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, a meno che il committente non dia prova contraria.
Quindi sono stati posti dei limiti ai *contratti di collaborazione con partita Iva per lavoro svolto senza vincolo di subordinazione (art. 2222 del codice civile). Questa maggiore severità normativa riguarda le collaborazioni costituite dopo l’entrata in vigore della legge, ma anche quelle dopo 12 mesi dalla data in vigore della riforma (18 luglio 2012). In caso di false partite Iva scatta la presunzione di presunzione di subordinazione.
Abbiamo detto che la collaborazione deve avere una durata superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare. Specifichiamo che il periodo di 8 mesi si riferisce alla durata del contratto di collaborazione, incluse anche eventuali proroghe o rinnovi tra le parti.
Per quanto riguarda il requisito economico dell’80% del fatturato, va valutato il rapporto tra i ricavi percepiti dal collaboratore nell’anno solare e i ricavi stabiliti nel contratto di collaborazione tra il datore di lavoro e il titolare di partita Iva. In base a quanto disposto per legge, vanno considerati, quindi, solo i corrispettivi effettivamente incassati dal lavoratore nell’anno solare in cui ha inizio la collaborazione e anche i corrispettivi fatturati ad uno o più soggetti riconducibili allo stesso centro d’imputazione d’interessi.