Per le donne nel nostro Paese è ed è sempre stato difficile poter conciliare la famiglia ed il lavoro, con la conseguenza che molto spesso dopo la nascita di un figlio, a causa di un’occupazione poco flessibile, ma anche per effetto di una carenza di strumenti a sostegno della conciliazione tra la cura dei familiari ed il mantenimento del lavoro, si è costretti a diventare forzatamente delle casalinghe. Ma cosa chiedono le donne per poter continuare a lavorare anche quando in famiglie sono presenti bambini piccoli, sotto i tre anni di età? Ebbene, in accordo con quanto emerso da un sondaggio presentato dalla rivista “Insieme” del Gruppo RCS, e realizzato dal Portale “QuiMamme.it”, quasi la metà delle donne nella condizione sopra citata richiedono un’occupazione part-time. La percentuale, nello specifico, è al 47%, mentre il 23% delle neomamme, in base ad un campione di quasi 1.000 donne interpellate che lavorano ed hanno figli sotto i tre anni, chiede il congedo pagato.
Ma al datore di lavoro, con una percentuale del 19%, chiederebbero anche di poter conciliare il lavoro con la famiglia sfruttando i vantaggi del telelavoro, mentre l’11% gradirebbe poter alternare il congedo con il proprio partner. Questo è quello che le donne chiedono sul posto di lavoro, mentre allo Stato, in accordo con quanto riporta il sito della Regione Lombardia, chiedono facilitazioni sui servizi per i bambini, potendoli pagare di meno, ma anche dei voucher da spendere per gli asili nido visto che l’offerta pubblica in molte aree del nostro Paese scarseggia anche a seguito degli scarsi trasferimenti dello Stato ai Comuni, ed a causa dell’abolizione dell’ICI sulla prima casa.
Le donne, con una percentuale del 33%, chiedono altresì il “bonus bebè” come strumento di sostegno economico per poter stare a casa ed avere cura dei bambini piccoli, mentre solo un 4% delle donne interpellate vorrebbe che lo Stato erogasse un voucher per baby-sitter. E se il 18% delle donne con bambini piccoli per il proprio figlio sarebbe disposto a lasciare il lavoro, c’è un 35% che non si arrende, e che sarebbe disposto, nel 22% dei casi, a mantenere il lavoro pur rinunciando ai normali avanzamenti di carriera, mentre il 13% sarebbe pronto e disposto a cambiare lavoro pur di mantenere un’occupazione e poter avere cura al meglio dei propri figli.