La maggiore centrale sindacale italiana proprio non ci sta alla riforma Monti-Fornero sul mercato del lavoro perché le visioni sono troppo differenti. In effetti, se da una parte la CISL e la UIL rimangono possibilisti, dall’altra la CGIL, così come le medie e le piccole imprese ma con ragioni diverse, non vuole sottoscrivere questo patto scellerato che tenta di minare i pilasti del diritto nel mondo del lavoro.
Secondo le proposte sul tavolo il governo Monti intende riordinare le tipologie contrattuali esistenti: da una giungla a una visione più mirata risistemando l’accesso al mercato del lavoro e fissando dei paletti sulle diverse forme di precarietà. Non solo, le proposte del Ministro Fornero coinvolgono anche gli ammortizzatori sociali introducendo delle modifiche all’articolo 18 aprendo sulla flessibilità in uscita.
In materia contrattuale occorre sfoltire le diverse tipologie esistenti disincentivando l’uso del contratto a termine attraverso un aumento della contribuzione a carico delle aziende. Stesso discorso per quello a progetto con un aumento dell’aliquota contributiva previdenziale per toccare quella del lavoratore dipendente. Come più volte ribadito, e chiesto a gran voce dal sindacato, dal Ministro Fornero sarà valorizzato il contratto di apprendistato.
Scomparirà l’indennità di disoccupazione per fare posto all’Aspi, ossia assicurazione sociale per l’impiego che durerà più a lungo e sarà più alta: dagli 8-12 mesi previsti oggi fino a 12 mesi per gli over 50 con un importo più alto (dal 60% attuale al 70% della retribuzione almeno sui primi 1.250 euro di salario con un tetto massimo di 1.119 euro lordi.
Non solo, scomparirà anche la mobilità, due anni di sussidio in casi di licenziamenti collettivi nelle aziende industriali con almeno 15 dipendenti che possono diventare 4 anni nel caso degli over 50 del Sud, mentre dovrebbe essere introdotta la possibilità di uno “scivolo” pagato dalle imprese per i lavoratori più anziani, ossia rientrano in questo contesto i lavoratori licenziati con meno di 4 anni alla pensione.
Il punto più dolente rimane, comunque, l’articolo 18. A questo riguardo si discute sulla possibilità per i licenziamenti per motivi economici (il cosiddetto giustificato motivo oggettivo) di lasciare al giudice la decisione in caso di licenziamento illegittimo tra il reintegro e l’equo indennizzo.
Il tempo ultimo sembra fissato per il 20 marzo.