La riforma della tassazione sugli immobili del governo Monti doveva essere retta secondo i principi dell’equità ma, secondo uno studio della CGIA di Mestre, il passaggio dall’Ici all’Imu al crescere del livello di reddito dei proprietari di seconda casa, il divario tra il futuro sistema di tassazione e quello attuale tenderà a diminuire: per i proprietari con redditi oltre i 100.000 euro, l’Imu diventerà più vantaggiosa dell’Ici.
In effetti, secondo le osservazioni del segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi,
Questo perché l’Imu avrà una aliquota, salvo la facoltà dei Sindaci di aumentarla o di diminuirla di 3 punti, del 7,6 per mille, che sostituirà l’attuale Ici, l’Irpef sugli immobili e le relative addizionali regionali e comunali. Se con l’attuale sistema, l’Irpef sugli immobili aumentava al crescere del reddito, garantendo così un criterio di progressività, ora l’Imu sarà praticamente una tassa piatta, che consentirà ai più ricchi, rispetto all’applicazione dell’Ici, aggravi di imposta più lievi man mano che cresce il reddito. Oltre i 100.000 euro di reddito, questi proprietari di seconda casa pagheranno addirittura meno di quanto hanno pagato sinora con l’Ici
Lo studio della CGIA di Mestre si basa sulle osservazioni di quattro casi di proprietari con un livello di reddito crescente, ossia da 25.000 euro e fino a 150.000.
Non solo, altre critiche arrivano dai criteri di attribuzione delle categorie così come ha posto in evidenza Corriere.it; in effetti, può capitare, specie in città come Roma o Milano, che le case d’epoca centrali e magari ristrutturate siano considerate dal catasto alla stregua di case economiche o popolari.
Per le case popolari di categoria A4 il tributo sarà o nullo o comunque irrilevante mentre nella categoria A3, quella delle case economiche, si spenderanno in media tra i 200 e i 300 euro nelle città del Nord, molto meno al Sud. Nelle case A2, categoria nella quale di fatto rientrano la gran parte delle case costruite dagli anni Ottanta in poi in edilizia libera, Bologna e Torino registrano i valori medi più elevati, battendo nettamente Roma e Milano che pure hanno prezzi delle case sicuramente più alti. La Capitale e la metropoli lombarda hanno invece il più alto valore imponibile tra le case indipendenti.
Gli alloggi signorili hanno valori catastali più elevati anche se sono tipologie piuttosto rare, a Milano, ad esempio, di A8 ce ne sono solo 88.
Intanto in Commissione parlamentare i sindacati hanno chiesto di innalzare la soglia di detrazione prevista sull’abitazione principale, visto che la maggioranza dei proprietari sono lavoratori, dai 200 euro previsti dal decreto a 500 euro e di rendere progressiva l’imposta, introducendo aliquote differenziate a partire dalla seconda casa.