Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, il Decreto 22 dicembre 2012 che fissa l’introduzione, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, del congedo obbligatorio e del congedo facoltativo del padre, oltre a forme di contributi economici alla madre, per favorire il rientro nel mondo del lavoro al termine del congedo.
Il decreto consta di dieci articoli e prevede alcune innovazioni, anche se in via sperimentale, in materia di congedo – obbligatorio e facoltativo – per il lavoratore padre.
In particolare, all’articolo 1 si fissano due punti essenziali: con il primo si stabilisce che il padre lavoratore, con qualsiasi tipologia contrattuale, ha “l’obbligo” di astenersi dal lavoro per un giorno (in soluzione unica e non ad ore) entro i primi cinque mesi dalla nascita del bambino.
Non solo, è anche possibile astenersi dal lavoro per altri due giorni in soluzione unica secondo, anche continuativi, previo accordo con la madre ed in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante, con un’indennità a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione che sostituisce nelle due giornate, quella dovuta alla madre.
Il lavoratore ha l’obbligo, articolo 3, di comunicare in forma scritta dell’assenza dal lavoro con un preavviso di almeno quindici giorni e, fatti salvi i cosidetti di forza maggiore”.
In base al testo del decreto, sembra che il datore di lavoro non può rifiutarsi dalla concessione in quanto la cura del bambino e la condivisione dei compiti in un momento molto delicato della vita del bambino hanno una importanza primaria.
Non solo, la madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo per maternità, per gli undici mesi successivi ed in alternativa al congedo parentale previsto dall’art. 32, comma 1, lettera a) del D.L.vo n. 151/2001 (si tratta del periodo continuativo o frazionato, non superiore a sei mesi), ha la facoltà di richiedere un voucher al datore di lavoro per l’acquisto di servizi di “baby-sitting” o, in alternativa, per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.