La circolare INPS n. 44 avente come oggetto “Legge 92/2012 – Art. 2, comma 31. Contribuzione dovuta sulle interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, intervenute dal 1° gennaio 2013. Criteri impositivi e modalità operative. Ulteriori precisazioni riguardo alla contribuzione ordinaria e aggiuntiva ASpI.”dello scorso 22 marzo 2013 intende fornire alcune precisazioni su alcune modifiche intervenute nella recente riforma del mercato del lavoro; infatti, il nostro Ente previdenziale ha voluto indicare le modifiche introdotte in relazione sui criteri impositivi e sulla misura del nuovo contributo sulle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Nel caso di contributo dovuto nei casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, il comma 250 della legge n. 228/2012, articolo 1, si precisa che alla lettera f) il contenuto ha modificato l’articolo 2, comma 31, della legge 92/2012.
Infatti, in base al nuovo testo
Nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’ASpI, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30
Il testo ha così introdotto una relazione tra il contributo e il teorico diritto all’ASpI da parte del lavoratore il cui rapporto di lavoro è stato interrotto.
Per questa ragione, per espressa indicazione dell’Ente, il datore di lavoro è tenuto all’assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa.
Dalla presente disciplina restano fuori le cessazioni del rapporto di lavoro a seguito di dimissioni – ma non quelle per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità – le risoluzioni consensuali – ma non quelle derivanti da procedura di conciliazione presso la Direzione del Lavoro o il trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici – e il decesso del lavoratore.