Si fa presto a dire equità ma guardando l’incidenza dei lavoratori dipendenti e dei pensionati sulla maggiore imposta italiana si scoprono cose del tutto interessanti che il governo Monti dovrebbe prendere in considerazione. In effetti, la maggior parte della quota, si parla dell’82%, è proprio a carico di queste categorie; ma non solo, il peso è aumentato negli ultimi anni tanto da registrare un suo aumento del 2% tra il 2003 e il 2009, mentre l’incidenza del lavoro autonomo è solo del 4.3% o delle piccole imprese del 5%. Secondo i dati elaborati dall’Agenzia delle Entrate e dalla Lef, l’associazione per la legalità ed equità fiscale, si scopre che anche le fasce del 41% e del 43% la più alta incidenza si trovi nella categoria dei lavoratori dipendenti.
L’apporto dei lavoratori autonomi alla fiscalità generale passa da 27,4 miliardi a 33,6 miliardi, quello d’impresa scende da 30 miliardi a 29,6 miliardi e quello di partecipazione passa da 33,7 miliardi a 35,2 miliardi, mentre, sempre valutando lo stesso periodo temporale dal 2003 al 2009, il reddito dichiarato dal lavoro dipendente passa da 344,5 miliardi del 2003 a 416,5 miliardi del 2009, e pensioni che passa da 177,3 miliardi a 223,3 miliardi.
I dati poi pongono in evidenza un aspetto non del tutto trascurabile; infatti, la classe di reddito colpita dall’aliquota al 41% le due componenti, lavoro dipendenti e pensionati, ammontano a circa il 70% con il lavoro dipendente al 51% e le pensioni al 19%, mentre oltre i 75.000 euro e fino a 200.000 il peso scende al 60% con il lavoro dipendente al 50% e le pensioni al 10%. Ecco perché un aumento delle aliquote Irpef, seppur limitato agli scaglioni di reddito più elevati, finirebbe per aumentare l’iniquità del sistema senza per nulla colpire chi non paga il proprio corrispettivo e quanti hanno accumulato patrimoni.
In particolare la Cgia di Mestre ha messo in evidenza l’incidenza fiscale sui lavoratori dipendenti anche se, in linea di massima, l’aumento porterebbe alle casse dello Stato circa 1.1 miliardi di euro coinvolgendo 1.525.000 contribuenti: con un reddito di 60mila euro il lavoratore dovrà versare 100 euro in più, per chi ne dichiara più di 150mila l’aumento medio annuo dovrebbe attestarsi su 1.900 euro, ma con un milione di euro di reddito, bontà sua, si passa ad un incremento di 18.900 euro.
Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha osservato che
Se sarà confermato questo aumento delle aliquote Irpef la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, la rivalutazione degli estimi catastali, l’aumento dell’Iva e l’introduzione della patrimoniale, si profila una vera e propria stangata fiscale che rischia di deprimere ancor più il Paese