La cittadinanza è un passo fondamentale che permette di integrare lo straniero nella società e nell’ordinamento civile e sociale del nostro Paese. Il sistema di acquisizione della cittadinanza è un meccanismi complesso e dipende da ciascuno stato; in effetti, ricordiamo che, per il nostro ordinamento, è cittadino italiano il figlio di padre italiano o di madre italiana, anche se è nato all’estero, in base al criterio del diritto di sangue.
Chi nasce ed è residente all’estero e possiede la cittadinanza straniera del paese di origine, deve chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana per diritto di sangue, presentando una richiesta documentata, secondo il luogo di residenza, presso il Comune o il consolato italiano all’estero.
Esistono, ad ogni modo, anche altri modo con cui il cittadino straniero può acquisire la cittadinanza italiana. Ricordiamo che può diventare cittadino italiano lo straniero che nasce in Italia e se risieda legalmente fino a 18 anni e dichiara di voler diventare cittadino italiano o per matrimonio con un cittadino italiano (il coniuge straniero può chiedere la cittadinanza dopo due anni di residenza in Italia, oppure dopo 3 anni dal matrimonio se la residenza è all’estero), ma anche per naturalizzazione ordinaria (il requisito fondamentale per la concessione della cittadinanza italiana è la residenza legale in Italia, che varia da 3 a 10 anni, secondo i casi.
Inoltre la cittadinanza è concessa dopo la valutazione di requisiti, quali l’autosufficienza economica, l’adempimento degli obblighi fiscali, la mancanza di precedenti penali e il grado di inserimento socio-culturale in Italia) .
Ricordiamo che lo stranieri, in caso di perdita del posto di lavoro anche per dimissioni, può iscriversi nell’elenco anagrafico del Centro per l’impiego per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque per un periodo non inferiore a 6 mesi. Infatti la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno e il lavoratore straniero può rinnovare il permesso per attesa occupazione.
L’ingresso in Italia per lavoro autonomo, nei limiti delle quote stabilite dal decreto flussi, è subordinato alla dimostrazione, da parte dell’interessato, alla rappresentanza diplomatica o consolare, di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività da intraprendere in Italia, del rilascio dell’autorizzazione da parte della Questura competente ad esercitare tale attività, e dei requisiti per l’iscrizione in albi e registri, se richiesto.
Il visto d’ingresso per lavoro è rilasciato dalla rappresentanza italiana competente sulla base dei requisiti previsti.