I lavoratori inviati all’estero per lunghi periodi hanno l’obbligo di pagare le imposte sia in Italia che all’estero: sembra una norma ingiusta, ma scendiamo nei dettagli per conoscerne e valutarne i vari risvolti e le diverse possibilità.
Infatti, al di là dell’assurdità di questa norma, i lavoratori all’estero la possibilità di determinare la tassazione in base a retribuzioni convenzionali oltre all’attribuzione di un credito di imposta relativo alle imposte pagate all’estero (art. 165 del Tuir).
In base al primo requisito il lavoratore può calcolare l’imposta in base a fasce di reddito convenzionali: rientrano nelle retribuzioni convenzionali l’indennità estero e tutti gli eventuali benefici aggiuntivi, riconosciuti però solo temporaneamente: auto, alloggio, telefono, corsi di aggiornamento, polizze sanitarie, ecc.
Per fruire di questi privilegi il lavoratore deve: *mantenere la propria residenza fiscale in Italia; *aver stipulato un contratto che preveda l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e che sia stato collocato in uno specifico ruolo estero; *soggiornare all’estero per più di 183 giorni nell’arco di dodici mesi dell’anno di contratto, non dell’anno civile.
A questo riguardo, la circolare 207/e del 16 novembre 2000, ha chiarito che: ”Per quanto concerne il computo dei giorni di effettiva permanenza del lavoratore all’estero, si fa presente che il periodo da considerare non necessariamente deve risultare continuativo: è sufficiente che il lavoratore presti la propria opera all’estero per un minimo di 183 giorni nell’arco di 12 mesi. Appare opportuno precisare che il legislatore con l’espressione “nell’arco di dodici mesi”, non ha inteso fare riferimento al periodo di imposta, ma alla permanenza del lavoratore all’estero stabilita nello specifico contratto di lavoro, che può anche prevedere un periodo a cavallo di due anni solari. Per l’effettivo conteggio dei giorni di permanenza del lavoratore all’estero rilevano, in ogni caso, nel computo dei 183 giorni, il periodo di ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi”.
Per quanto riguarda l’attribuzione del credito di imposta, il lavoratore, per ottenere il rimborso delle imposte pagate all’estero, deve attendere che nel Paese in cui lavora le tasse diventino definitive. Spesso, in attesa del rimborso, il lavoratore concorda con il proprio datore di lavoro un prestito pari alle tasse corrisposte all’estero, fino al rimborso. Comunque, il metodo di rimborso del credito è disciplinato dall’articolo 165 del Tuir.