Con l’arrivo dell’estate i parchi come luogo di ritrovo e di divertimento (acquatici, tematici, naturalistici e parchi avventura) sono sempre più affollati tanto da richiedere un aumento stagionale del proprio personale.
A questo proposito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha espresso parere favorevole sulla possibilità di instaurare un rapporto di lavoro accessorio.
I rapporti di lavoro instaurati in questo modo non devono però rientrare tra le prestazioni assoggettabili a contribuzione Enpals. In effetti, la maggior parte dei lavoratori dipendenti dei parchi divertimento sono sottoposti alla contribuzione di questo ente previdenziale.
Per questa ragione, secondo il Ministero, se esistono le condizioni per l’impiego del lavoro accessorio è possibile ricorre a questo strumento anche se i lavoratori sono assoggettabili all’Enpals.
Il decreto n. 276/2003 stabilisce che in qualsiasi settore produttivo i giovani con meno di venticinque anni di età regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici oppure in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto universitario, possono usufruire del lavoro accessorio.
Un altro aspetto da tenere presente è che il lavoro occasionale deve essere svolto direttamente senza l’intervento di intermediari. La normativa stabilisce che i buoni lavoro è limitato al rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale senza nessuna possibilità al ricorso a imprese, siano esse cooperative o agenzie di lavoro, che possano reclutare e retribuire lavoratori al fine di svolgere prestazioni di questo tipo.
Ricordiamo che la normativa del lavoro accessorio si è evoluta nel tempo passando da una disciplina che intendeva regolare attività marginali svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale quali disoccupati da oltre un anno, disabili e soggetti in comunità di recupero, lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro e, infine, casalinghe, studenti e pensionati.
Non solo, anche i limiti reddituali sono stati modificati: da 3.000 euro nel corso dell’anno solare agli attuali 5.000 netti nell’anno.