Il Ministero del lavoro è intervenuto nella delicata normativa che regola l’appalto e il subappalto, in modo particolare chiarendo alcune disposizioni.
Il Ministero, tenendo conto del ricorso sempre più frequente di questo strumento di lavoro attraverso processi di esternalizzazione e della complessità intrinseca della legislazione e delle fonti di riferimento in materia, ha deciso, con la circolare n. 5 dell’11 febbraio 2011, di effettuare una ricognizione delle principali problematiche che gli operatori incontrano nel ricorrere all’appalto e ha voluto fornire indicazioni e chiarimenti in merito alla sua corretta gestione.
Il ministero interviene chiarendo i criteri che occorre tenere presente per qualificare come genuino un appalto oltre agli obblighi di carattere retributivo connessi all’utilizzazione dell’istituto e fino ad arrivare al valore degli appalti e i criteri di scelta dei contraenti.
Il ministero chiarisce anche la responsabilità solidale tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori, il ricorso alla certificazione e la disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ricordiamo la complessità di questo particolare segmento economico perché deve tenere conto di una sempre più articolazione legislativa e delle diverse fonti di riferimento, in particolare vogliamo ricordare gli articoli 1665 e successivi, l’articolo 29 del decreto n. 276/2003, l’articolo 118 del decreto n. 163/2006 e l’articolo 35 del decreto n. 223/2006.
Per prima cosa il Ministero individua il criterio che, sulla base della disciplina legislativa e sul consolidato orientamento giurisprudenziale, consente di considerare l’appalto lecito.
In effetti, il punto di riferimento che permette di definire l’appalto genuino sta nell’articolo 29 del decreto n. 276/2003 quando si afferma che il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.
A questo proposito, secondo la nostra disciplina, la genuinità dell’appalto può anche risultare da un accertamento su chi concretamente esercita il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati.
Il Ministero precisa che esiste una differenza tra appalto e somministrazione di lavoro e che questa risiede nella diversità dell’oggetto: tra un fare nell’appalto ad un dare nella somministrazione.