L’articolo 24 bis del ddl di conversione del dl sviluppo, ha introdotto una importante deroga al d lgs 276/2003 (la c.d. riforma Biagi) apportando alcune innovazioni dirette ai rapporti di lavoro all’interno dei call center. Cerchiamo di comprendere insieme quale sia la portata di queste novità, e in che modo il sistema occupazionale dei centri possa subire qualche evoluzione (gradita o meno) nel prossimo futuro.
In termini estremamente sintetici, l’articolo 24 bis del ddl di conversione del dl sviluppo sostiene che per le attività di call center outbound non sia richiesta, in caso di instaurazione di co.co.pro., l’individuazione di progetti specifici, né tutte le altre condizioni della riforma del lavoro elaborata dal ministro del welfare Elsa Fornero.
La legittimazione delle collaborazioni verterà pertanto “sulla base del corrispettivo definito della contrattazione collettiva nazionale di riferimento”.
Le novità riguardano così le attività “outbound”, quelle effettuate quando il lavoratore deve telefonare a terzi, mentre non riguardano le attività “inbound”, ovvero quelle nelle quali è il lavoratore a dover rispondere alle chiamate dell’utenza.
Per i call center, tuttavia, le novità non finiscono qui. Con riferimento alle sole attività svolte da almeno 20 dipendenti, infatti, l’articolo 24 bis prevede la non applicazione degli incentivi di cui alla legge n. 407/1990 relativi allo sgravio contributivo alle aziende che delocalizzazno all’estero. Viene inoltre stabilito l’obbligo per le aziende che decidono di spostarsi fuori dal territorio nazionale, di darne comunicazione almeno 120 giorni prima al ministero del lavoro e al garante per la privacy.
Infine, stabilito che il cittadino destinatario di una chiamata debba essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l’operatore è fisicamente collocato: il mancato rispetto di questa e delle precedenti norme provoca l’applicazione di una sanzione pecuniaria di 10 mila euro a giornata di violazione.
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